Cataratta secondaria: ricaduta che non richiede l’intervento chirurgico!

Con questo termine si definisce quel disturbo alla vista nel quale il cristallino, la lente naturale che è ubicata nell’occhio, va perdendo la sua trasparenza, causando di conseguenza la perdita graduale della vista. Il cristallino infatti, pur essendo fatto di tessuto epiteliale, non può, per la sua ubicazione, disperdere le sue cellule morte nell’aria e quindi con l’avanzare dell’età può ispessirsi a causa di queste cellule accumulatasi nel centro e la vista risulta opacizzata. Allo stesso tempo i corpi ciliari progressivamente producono meno umore acqueo, ovvero meno nutrimento per il nucleo del cristallino, quindi esso più facilmente si ossida e si disidrata, favorendo la cataratta. Quando questa è compromessa si agisce di solito chirurgicamente andando ad effettuare un’operazione semplice ma molto delicata all’occhio. Durante questa il cristallino opacizzato viene rimosso e sostituito con una lente artificiale (IOL).

Le cause di questo disturbo sono da ricercare:

  • nella predisposizione genetica e distrofie ereditarie (retinite pigmentosa, amaurosi congenita di Leber, sindrome di Wagner-Stickler);
  • nell’età, il naturale processo di invecchiamento del cristallino, che diventa meno elastico, meno flessibile;
  • danni dall’esposizione ai raggi ultravioletti;
  • fumo (esposizione dell’occhio al fumo) e alcool;
  • diabete, poiché possono provocare un’iper-idratazione del cristallino e i depositi si possono più facilmente formare sia dietro che davanti alla capsula che sostiene il cristallino;
  • ipertiroidismo;
  • particolari terapie cortisoniche (corticosteroidi) o anti-tumorali può provocare la cataratta corticale posteriore;
  • traumi e lesioni all’occhio, in particolare sotto ai 40 anni di età
  • infiammazioni (come l’uveite)
  • operazioni a seguito di disturbi come glaucoma, distacco della retina e miopia elevata.

L’opacizzazione del cristallino può iniziare dall’involucro che avvolge il cristallino, protagonista poi della cataratta secondaria, oppure dal suo nucleo centrale. Per questo si distinguono diverse tipologie di cataratta: nucleare, corticale, sotto-capsulare, polare posteriore, a cavaliere, pulverulente e altre.

La cataratta secondaria

Cataratta
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Fra le conseguenze che un intervento di cataratta può comportare, une delle più frequenti è quella che consiste nel fenomeno di opacizzazione a carico della capsula posteriore del cristallino.

Nel 20 % dei casi, in seguito a quest’intervento, accade che la capsula nella zona posteriore dell’occhio, che ospita la lente artificiale subisca essa stessa un progressivo opacizzarsi o comunque un ispessimento, tale che il problema della cataratta si ripresenta nello stesso soggetto e nello stesso occhio. Si parla per questo di cataratta secondaria.

Questo fenomeno viene, appunto, di solito denominato “Cataratta secondaria”, però, ad essere precisi, non si tratta di una vera e propria cataratta. E’ del tutto evidente, difatti, che una cataratta, una volta che venga rimossa, non possa più ripresentarsi nell’occhio operato.

In un certo senso questo disturbo non è altro che una complicazione fatale della prima operazione chirurgica e che si manifesta di solito in una finestra temporale che va da circa due mesi a un anno. Quando viene fatto il primo intervento per la cataratta, la capsula posteriore adibita al sostegno del cristallino non viene praticamente mai asportata, è infatti fondamentale che essa sia perfetta e inalterata per sostenere il cristallino artificiale. Può tuttavia capitare che anche essa si opacizzi, e che quindi la vista si annebbi di nuovo. Nel caso della cataratta secondaria tuttavia, non è necessaria una nuova operazione all’occhio, ma si può effettuare un trattamento diverso. Dopo il primo intervento per la cataratta i pazienti vengono comunque avvisati che possono ripresentarsi i sintomi, in modo tale che qualora accada, segnalino subito la situazione senza trascurarla e complicando magari la situazione. Nei giovani la cataratta secondaria si ripresenta ancor prima che nei soggetti anziani.

Mentre si effettua l’intervento chirurgico cosiddetto di cataratta, l’operatore, il chirurgo oculista non fa altro che rimuovere completamente il naturale cristallino dell’occhio operato, perché questo è divenuto opaco, ed effettua la sostituzione di quest’ultimo con una “lente intraoculare” (acronimo IOL). L’operatore deve, però, lasciare assolutamente intatta la capsula che avvolge il cristallino naturale, la cosiddetta “capsula del cristallino”, perché la lente intraoculare che verrà impiantata al posto del cristallino naturale dovrà essere inserita al suo interno.

Nel momento in cui si asporta la cataratta, il chirurgo farà del suo meglio per lasciare integra, quindi, la “capsula del cristallino” in modo da non rimuovere e neanche danneggiare ciò che costituirà, poi, il supporto per il cristallino sostitutivo che vi verrà impiantato.

Le cause della cataratta secondaria

Quindi, come abbiamo potuto vedere sin qui, l’intervento di rimozione di una cataratta consiste in una azione di esportazione che viene denominata “extracapsulare”, in quanto, appunto, la rimozione del cristallino naturale lascia intatta la capsula in sede per poter poi accogliere la “lente intraoculare” o, più comunemente, il cristallino sintetico, nuovo. Al limite potrebbe essere lasciata in sede anche la sola capsula posteriore, se proprio non si intende lasciare in sede tutto il sacco capsulare. Sempre, preferibilmente, almeno con una piccola parte della capsula anteriore. L’impianto capsulare che rimarrà in sede fungerà da supporto per il cristallino nuovo che verrà sostituito a quello naturale, ormai opacizzato. Oltretutto la parte posteriore della capsula del cristallino ha anche un’altra importante funzione: essa fa in modo che la parte posteriore dell’organo della vista (retina e umor vitreo) resti separata dalla parte anteriore dell’occhio.

Dopo che è stato portato a termine l’intervento di cataratta, però potrebbe restare nel campo operatorio, e, nel dettaglio, nel sacco capsulare, qualche cellula epiteliale che, nel proliferare, può rendere opaca la capsula posteriore del cristallino rimasta in sede e potrebbe in una prima fase restituire all’occhio una visione non nitida, come offuscata, e poi anche provocare addirittura un calo tale del visus che, almeno in alcune occasioni, potrebbe presentarsi come più grave di quello che ha reso necessaria l’operazione chirurgica.

Questa situazione che si viene a creare di capsula posteriore del cristallino che si opacizza, anche detta “fibrosi capsulare”, è una delle più comuni, se non la più comune in assoluto, delle complicazioni tardive di un’operazione chirurgica di cataratta, e, per tale motivo, prende poi il nome, improprio come abbiamo visto, di “cataratta secondaria”

Il fenomeno tende nel tempo prima a progredire e poi a stabilizzarsi sotto forma di visione offuscata con un sensibile calo del visus. Questa è la cataratta secondaria.

Come abbiamo visto, il processo può progredire fino a quando, alla fase finale di stabilizzazione, il visus è addirittura inferiore di quello causato dalla cataratta vera e propria.

Questa situazione, chiamata appunto cataratta secondaria, può manifestarsi generalmente dopo qualche anno dall’intervento chirurgico di cataratta. Tra le complicazioni può generare, oltre la visione offuscata ed il calo del visus già analizzati, anche diplopia di tipo monoculare e abbagliamenti. Nella maggioranza dei casi questa situazione, benché certamente patologica, non si presenta come un grave problema, poiché essa può abbastanza facilmente essere eliminata con una tecnica nuova, denominata di YAG laser (il nome completo dell’operazione è “capsulotomia YAG laser”). Essa consiste, in buona sostanza, nel creare una specie di “apertura” all’interno della capsula posteriore del cristallino la quale farà in modo che venga ripristinata la visione correttamente nitida.

Però, per comprendere bene il meccanismo che sta alla base di questa complicazione, è bene spiegare un po’ più dettagliatamente

Che cosa è il cristallino

cataratta occhi
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Affinché sia più chiaro quali siano i meccanismi che rendono possibile una opacizzazione anche della capsula posteriore del cristallino e che danno vita alla cataratta secondaria, è bene formulare un breve riassunto circa l’anatomia dell’occhio umano.

Il cristallino: esso è una delle componenti principali dell’apparato deputato alla vista, in realtà il cristallino può essere considerato come una lente, benché di materiale organico, naturale, del nostro occhio. La sua posizione è nel tratto anteriore del nostro bulbo oculare ed ha l’aspetto in tutto e per tutto simile a quello di una lente biconcava. Il cristallino è trasparente e, unitamente alla cornea, è la parte dell’organo che permette di mettere a fuoco gli oggetti della nostra visione sulla retina.

Principalmente esso si costituisce di 3 elementi: il parenchima, l’epitelio sottocapsulare e la capsula.

  1. Il parenchima si costituisce di fibre che vengono denominate “lenticolari” e che vengono tenute le une insieme alle altre in quanto tutte sono immerse in una sostanza che funge da collante.
  2. L’epitelio sottocapsulare si costituisce di una serie di cellule che hanno le funzioni di regolazione sia rigenerativa che omeostatica;
  3. La capsula, infine, anche detta “cristalloide” o “sacco capsulare”, è come una membrana che ha la funzione di avvolgere il cristallino. La capsula si compone, a sua volta, di tre parti:
  4. La capsula anteriore;
  5. La capsula posteriore;
  6. La membrana pericapsulare.

Con l’avanzare dell’età il cristallino ha la tendenza ad una auto opacizzazione (perde la proprietà della trasparenza) e genera, di conseguenza, l’insorgere di questo disturbo, molto ma molto diffuso, che viene comunemente chiamato “cataratta”.

I sintomi

I sintomi della cataratta secondaria sono praticamente i medesimi della cataratta originale, il soggetto quindi avverte innanzitutto una netta ma graduale riduzione della vista e annebbiamento. La diagnosi è ovviamente rapida, poiché il paziente in quel momento è ben conscio dei sintomi appena vissuti prima dell’operazione. Una visita oculistica poi può identificare con certezza il problema, permettendo così una risoluzione semplice, non invasiva e indolore, prevenendo inutili complicazioni.

La sintomatologia della cataratta secondaria, volendo riassumere in modo più schematico, è così composta:

  • Diplopia (o visione doppia);
  • Miodesopsia, vale a dire il percepire come “mosche” che volano davanti al nostro occhio;
  • Abbagliamento
  • Acuità visiva che diminuisce;
  • Offuscamento della visione.

Per fortuna esiste un trattamento, sicuro, efficacissimo, non invasivo ed indolore, che può risolvere nel modo più totale il disturbo, questo problema causato dalla opacizzazione della capsula posteriore del cristallino. Esso prende il nome di “Capsulotomia YAG laser”.

Il trattamento non necessita di un ricovero, in quanto può essere condotto a termine anche direttamente presso lo studio di un medico oculista.

Cura e terapia

Il trattamento per la cataratta secondaria, se fino a qualche anno fa era il ritorno alla sala operatoria, è oggi solitamente la capsulotomia laser, uno strumento sempre più utilizzato in particolare per la cura dell’occhio, una zona delicatissima da sottoporre ad intervento chirurgico. Per la cura del disturbo in questione si usa il laser di tipo YAG, ovvero una tipologia che permette di fare delle microscopiche incisioni nei tessuti, in modo da liberare l’asse ottico e consentendo così al soggetto di recuperare a pieno le sue capacità visive. Il trattamento Yag Laser non è assolutamente invasiva ed è indolore, si tratta altresì di un intervento semplice e per il quale è sufficiente una seduta in ambulatorio di pochi minuti, poiché l’esecuzione richiese solo pochi secondi, è più lungo il processo preparatorio. In poche ore dall’intervento ambulatoriale, il paziente ricomicerà a vedere in modo normale, anche se in alcuni casi può capitare di vedere, per qualche giorno, dei “moscerini”. È chiaro comunque che, come tutti gli interventi medici, questa operazione ha alcuni fattori di rischio.

Questo trattamento, la capsulotmoia YAG laser, consta di poche e semplici fasi: innanzitutto si procede alla dilatazione dell’’occhio prima di intervenire, grazie a poche gocce di apposito collirio. Poi, con un apparecchio laser, senza incidere le superfici dell’occhio con tagli meccanici, viene eliminata la capsula posteriore che è posizionata sull’asse visivo. NON si deve procedere al bendaggio dell’occhio e, addirittura, il paziente può fare immediato ritorno a casa propria.

Tutto l’intervento non sarà durato più che pochi, pochissimi minuti, sarà stato del tutto indolore ed il paziente non vivrà alcun disagio successivamente all’intervento.

Tuttavia qualche paziente non del tutto (o proprio per niente collaborante, come alcuni bimbi, ad esempio), potrebbe richiedere una leggera sedazione per portare a termine l’intervento.

Dopo aver subito un intervento di capsulotomia YAG laser, il paziente può immediatamente riprendere le sue abituali e normali attività. Potrebbe essere possibile che si avvertano alcuni corpi mobili nell’occhio (effetti come di lineette o puntini che si muovono insieme al movimento dell’occhio), ma si può stari sicuri che, al massimo nel giro di qualche settimana, anche questo effetto, peraltro non troppo fastidioso, tenderà a svanire.

Nella stragrande maggioranza dei casi anche solo dopo qualche ora si iniziano ad avvertire i primi miglioramenti del proprio visus. Naturalmente se, per circostanze particolari (e molto rare), non si riscontrassero benefici del visus o, addirittura, si dovessero riscontrare dei peggioramenti dello stesso, è necessario avvisare immediatamente l’oculista che ha effettuato l’intervento o, almeno, il proprio oculista, anche se non fosse stato lui ad eseguire il trattamento.

Il ripresentarsi della sintomatologia della cataratta e quindi quelli della secondaria, non devono mai essere trascurati o essere presi sotto gamba, poiché si rischierebbe di incorrere in complicazioni inutili, l’operazione infatti, come detto, è indolore e non invasiva.

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