Ipoclorito di sodio, una sostanza chimica utilizzata per disinfettare

In seguito, l’azienda Javel, introdusse l’ipoclorito di sodio che prese il nome di “Liquore di Javel”. Il suo impiego iniziale, era rivolto solo ed esclusivamente per candeggiare il cotone. In seguito, grazie alle sue caratteristiche, divenne un prodotto molto popolare. Questo prodotto inoltre, è in grado di rimuovere facilmente le macchie da tessuti a temperatura ambiente.

L’ipoclorito di sodio si presenta come una soluzione chiara tendente al giallo, dall’odore caratteristico, con densità relativa pari a 1.1 e 5.5% di soluzione acquosa. La sua forma come agente candeggiante per uso domestico, contiene solamente il 5% di sodio ipoclorito.

Quando è più concentrato invece, tale concentrazione è pari a 10-15%, con un pH di 13, molto corrivo e che può provocare bruciore. Questo prodotto è instabile, infatti evapora ad una velocità di 0.75 grammi di cloro attivo al giorno, nella soluzione. In poche parole, l’ipoclorito di sodio, se viene riscaldato, si disintegra automaticamente.

Tutto questo può avvenire anche quando viene a contatto con la luce solare, oppure con altri acidi, metalli, gas tossici e corrosivi compreso il cloro gassoso. Essendo l’ipoclorito di sodio un forte ossidatore, esso reagisce con composti e riduttori infiammabili. La soluzione di tale prodotto, è una base estremamente debole ed infiammabile. Queste caratteristiche devono essere sempre tenute presenti durante le fasi di trasporto, nell’immagazzinamento e nel suo impiego.

Cosa avviene se aggiunto all’acqua e la sua produzione

Nell’ipoclorito di sodio, è presente la soda caustica, che determina l’innalzamento del pH dell’acqua. Una volta dissolto in acqua, si formano due sostanze, che vanno ad agire mediante ossidazione e disinfezione. Tali sostanze sono l’Acido Ipocloroso, ovvero HOCI, ed lo Ione Ipoclorito, ovvero OCI. In base al pH dell’acqua, è possibile determinare la quantità dell’acido ipoclorito che si è formato.

Quando si utilizza l’ipoclorito di sodio, l’acido acetico serve ad abbassare il pH, mentre l’acido solforico, può essere utilizzato come alternativa. Se si utilizza invece l’acido solforico, vengono prodotti meno gas nocivi alla salute. Tale acido, è molto forte e reagisce in maniera corrosiva.

L’ipoclorito di sodio, si può realizzare in due modi, ora vedremo insieme quali:

  • Dissolvendo il sale in acqua addolcita, e risulta essere una soluzione di brina concentrata.
    Tramite l’elettrolizzazione si forma una soluzione di ipoclorito di sodio in acqua. Tale soluzione, contiene al suo interno 150 g di cloro in forma attiva per litro.
  • Aggiungendo cloro gassoso alla soda caustica, si forma inoltre ipoclorito di sodio, acqua e sale mediante tale reazione: Cl2+ 2 NaOH + → NaOCI+NaCI+H2O

Impieghi e disinfezione

L’ipoclorito di sodio, viene utilizzato si ampia scala, come ad esempio in agricoltura, nelle industrie chimiche, in quelli di vernice e concimi, nelle aziende alimentari, in quelle del vetro, della carta, dei prodotti sintetici, in farmacia e nelle aziende con deposizione dei rifiuti. Nell’ambito tessile, viene utilizzato per candeggiare i tessuti, ed alcune volte si utilizza per ridurre gli odori di acque reflue industriali.

L’ipoclorito neutralizza l’idrogeno dei gas di zolfo. Inoltre viene impiegato per disintossicare i bagni di cianuro nelle industrie dei metalli. Nelle torri di raffreddamento, viene utilizzato per ridurre la formazione di alghe e crostacei. Per quanto riguarda le acque in generale, come anche quelle delle piscinesi utilizza con il solo scopo di disinfezione. Anche in casa si utilizza l’ipoclorito di sodio per la pulizia giornaliera. Con l’aggiunta di ipoclorito di sodio all’acqua si forma l’acido ipocloroso nella seguente formula:

  • NaOCI+ H2O HOCI+ NaOH.

A sua volta, l’acido ipocloroso si divide in: Acido Ipocloridrico (HCI) ed Ossigeno (O). La particella di atomo di ossigeno, è un agente ossidante dal potere forte. L’ipoclorito di sodio, è molto efficace per combattere batteri, funghi ed ha un potere disinfettante come quello del cloro.

Effetti sulla salute

Non vi è una soglia ben determinata che indica il valore dell’esposizione all’ipoclorito di sodio come effetto indesiderato sulla salute umana. Tendenzialmente, la gente si espone a tale sostante mediante l’inalazione di areosol, e questo provoca tosse ed irritazione alle vie respiratorie superiori. A causa dell’ingerimento, gli effetti sono dolore allo stomaco, sensazione di bruciore, tosse persistente, diarrea, gola irritata e vomito. Se l’ipoclorito di sodio viene a contatto con il derma o con gli occhi, questo determina dolore e rossore. A seguito di una esposizione prolungata, la pelle può sensibilizzarsi. Per gli organismi acquatici, l’ipoclorito di sodio è estremamente tossico.

Essendo una sostanza mutogena, una volta a contatto con i sali d’ammonio, diviene particolarmente tossico. La concentrazione di ipoclorito di sodio che si trova in tutte le piscine, non provoca effetti nocivi sulla salute umana. Se nell’acqua è presente troppo coloro, esso brucia i tessuti del corpo, causando di conseguenza danneggiamento del sistema respiratorio, gastrointestinale, agli occhi ed alla pelle. Molto spesso a seguito di una bagno in piscina, l’ipoclorito di sodio determina rossore agli occhi, ed inoltre emana il tipico odore del cloro. Se è presente sudore ed urina, l’acido ipocloroso e l’urea tramite una reazione formano le clorammine.

Queste irritano le membrane mucose e danno origine al cosiddetto odore di cloro inconfondibile. Per evitare tali problemi, nella maggior parte delle piscine vengono utilizzati dei metodi di depurazione delle acque e ventilazione. Le irritazioni agli occhi dovuto all’ipoclorito di sodio, tende a scomparire nell’arco di poche ore.

L’ipoclorito di sodio in quanto disinfettante, ha i seguenti vantaggi:

  • Può essere facilmente immagazzinato e trasportato una volta prodotto sul posto
  • Il dosaggio è semplice
  • L’immagazzinamento ed il trasporto sono sicuri
  • L’ipoclorito di sodio è efficace come il cloro gassoso per la disinfezione
  • L’ipoclorito di sodio, produce disinfettante residuo

Ipoclorito di sodio in piscina

Per quanto riguarda la depurazione dell’acqua, tra i prodotti maggiormente impiegati troviamo l’ipoclorito di sodio. L’utilizzo come sanificante si può far risalire addirittura al 1930. Ad ogni modo l’uso importante di questa sostanza come disinfettante anche nel trattamento dell’acqua è iniziato intorno al 1960. Si tratta di un composto chimico che si può trovare in forma liquida e che si caratterizza per una notevole azione antimicrobica.

Tra i suoi pregi vi è certamente quello di avere un basso costo e di agire in modo molto rapido. Tra i suoi difetti, invece, troviamo l’alto grado di corrosività, così come l’inattivazione del materiale organico. Non solo, dal momento che denota anche una certa instabilità che hanno portato ad usare tale prodotto, nel settore della depurazione dell’acqua delle piscine sempre meno di frequente.

Le soluzioni di ipoclorito di sodio si caratterizzano per lasciare progressivamente per strada in maniera del tutto spontanea il titolo in cloro attivo. Ad ogni modo, questo processo di degradazione iniziale assume dei contorni, con il passare del tempo, molto meno importanti. Senza ombra di dubbio, la stabilità è più elevata per le soluzioni che hanno una minore concentrazione. Tra le varie cause che permettono la perdita del titolo troviamo soprattutto dei fattori esterni.

Tra questi ultimi troviamo sicuramente l’attività della luce del sole, oppure di metalli, leghe e Sali metallici. O, ancora, anche l’aumento delle temperature al di sopra della soglia di 35 gradi centigradi. Di conseguenza, è bene sempre tenere sotto controllo il titolo delle soluzioni che sono state acquistate. Proprio per tale ragione, esistono dei particolari e specifici kit, che si possono trovare molto facilmente in vendita.

In commercio

Questa sostanza, come abbiamo detto, non è altro che il sale di sodio dell’acido ipocloroso. Viene diluito in maniera variabile dall’1% fino al 25% in una soluzione acquosa. Presenta una colorazione tipicamente giallo-paglierino e un odore penetrante e intenso davvero molto particolare. Inoltre, è particolarmente diffuso nell’impiego di tutti i giorni come disinfettante e sbiancante. Pertanto si parla di ipoclorito di sodio in riferimento a vari prodotti. Ad esempio nel caso di candeggina, che ha lo scopo di rendere puliti le varie superficie su cui viene applicata.

Inoltre, si sfrutta per la disinfezione dei pavimenti, per smacchiare e sbiancare i vestiti non colorati. Per quanto riguarda l’amuchina, invece, si tratta di una soluzione certamente più diluita, che viene impiegata alla stregua di disinfettante alimentare. Come nettorina o nitorina si riferisce ad un nome commerciale impiegato in modo particolare nelle regioni del nord-Italia, come in Romagna. Viene chiamato anche acqua di Labarraque, dal nome del chimico transalpino che la analizzò molto a lungo, ovvero Antoine Germain Labarraque.

Quali precauzioni devono essere seguite

La candeggina e le diverse soluzioni di ipoclorito di sodio si caratterizzano per avere un effetto irritante e caustico. Ecco spiegato il motivo per cui è necessario maneggiarle con grande cura. Si consiglia sempre di indossare dei guanti di gomma. Inoltre, è bene prestare la massima attenzione per evitare che venga a contatto con gli occhi. È importante evitare di mescolare tali sostanze all’acido cloridrico, ovvero l’acido muriatico per gli impieghi domestici. Infatti, tale miscuglio è in grado di creare cloro. Così come non si deve mischiare con l’ammoniaca, con cui c’è la possibilità di sviluppare clorammine, che sono irritanti. È bene evitare di mescolarle anche con l’etanolo.

Le soluzioni di ipoclorito di sodio si caratterizzano per avere una certa sensibilità rispetto alla luce, così come al calore. Inoltre, presentano una durata piuttosto limitata nel tempo. Ecco spiegato il motivo per cui è così importante prestare attenzione alla conservazione. Tali prodotti devono essere sempre collocati in una zona che sia protetta nei confronti della luce, così come sia lontana anche rispetto alle fonti di calore. Nel caso in cui tali prodotti vengano comprati in un supermercato, si suggerisce di optare sempre per quelli che sono confezionati in bottiglie non trasparenti.

Metodo Ruffini e l’uso dell’ipoclorito di sodio

L’Herpes è una patologia che solamente sul territorio italiano colpisce qualcosa come 10 milioni di persone ogni ano. Nel momento in cui cominciano a fare la loro comparsa le classiche vescicole o i rossori, ecco che si può intervenire con l’ipoclorito di sodio, chiaramente con un dosaggio specifico. Si tratta del metodo Ruffini, ovvero una cura dermatologica ad impiego topico non convenzionale. L’obiettivo è quello di curare le malattie della pelle e delle mucose mediante l’uso dell’ipoclorito di sodio. Quest’ultimo viene diluito in acqua con una concentrazione che va dal 6 al 12 %.

Tra quello che promette tale metodo troviamo la cura di più di cento patologie e disturbi che coinvolgono la pelle e le mucose. Si tratta, ad esempio, delle dermatiti, nonché delle micosi di unghie e pelle. Troviamo anche la cura della candida, delle ferite e infiammazioni, dell’herpes labiale, delle punture di vespe e delle infezioni di Mrsa, giusto per fare alcuni esempi. Ebbene, nello specifico l’ipocloruro di sodio va ad agire contro cinque categorie di elementi patogeni. Si tratta dei batteri, dei funghi, dei parassiti e dei protozoi.

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