Lunedì 6 marzo 2023 in Francia per la prima volta è stata discussa la proposta del deputato Bruno Studer. Questa imporrebbe di limitare la condivisione delle foto dei figli che i genitori fanno sui social media.

In questi giorni si sta parlando molto di una proposta di legge che arriva dalla Francia, lo stesso Paese europeo che ha avanzato anche la proposta di vietare l’utilizzo dei social media ai minori di 15 anni. Il Governo infatti pare stia cercando di muoversi verso una maggiore protezione dei giovanissimi dai pericoli che il web pone quotidianamente. Ovviamente non sono questi da dover modificare le loro abitudini ma bensì i genitori. Abituati da sempre a condividere tutta la loro vita, e quella dei figli minorenni, proprio sulle loro piattaforme.
Lunedì 6 marzo 2023 è stato un giorno importante per la Francia quindi. È stata discussa infatti per la prima volta nella storia, la proposta di Bruno Studer, deputato del partito Renaissance, che imporrebbe limitazioni all’uso dei social che i genitori fanno coinvolgendo anche i figli. Si è parlato in quest’occasione di sharenting neologismo che unisce due parole inglesi, ovvero share (condividere) e parenting (genitorialità). Non esiste quindi termine più appropriato per descrivere il fenomeno per cui i genitori – ma anche gli adulti in generale – condividono online contenuti privati di figli e minorenni come foto e video. Questi poi sono pubblicati sulle principali piattaforme ovviamente mai censurandone l’identità che risulta facilmente rintracciabile. Che cosa implica tutto questo?
Sharenting, la Francia blocca la condivisione delle foto dei figli sui social. E l’Italia?

Perchè il Governo francese vorrebbe tutto questo? Semplice. Perchè si pensa a tutelare maggiormente l’integrità dei minori che non sono ancora capaci di esporre il loro parere su ciò che li coinvolge. Come la condivisione o meno di un contenuto sul web. Si apre anche tutto uno scenario legato alla privacy e protezione dei minori dai pericoli del web. Inserendo informazioni e foto che li coinvolgono sono esposti alla mercé di chiunque. Non solo i rischi di pedo-pornografia online aumentano ma sale anche il pericolo che possano essere rintracciati facilmente per possibili rapimenti a sfondo sessuale.
Uno stralcio del discorso di Bruno Studer riportato da Le Monde, spiega che “I primi due articoli stabiliscono che la protezione della vita privata è uno dei compiti dei genitori, che devono associare il figlio alle scelte che lo riguardano. Il messaggio per i genitori è che il loro compito sia anche quello di proteggere la privacy dei figli. In una società sempre più digitalizzata, il rispetto della privacy dei minori è ormai imprescindibile per la loro sicurezza. Ma anche il loro benessere e il loro sviluppo“.
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Secondo il rapporto del Children’s Commissioner for England del 2018 “un solo bambino appare in media in 1.300 fotografie pubblicate online prima dei 13 anni, sui propri account, su quelli dei genitori o dei familiari”. Un dato confermato anche dall’Observatoire de la Parentalité & de l’Éducation numérique che svela come oltre il 40% dei genitori in Europa pubblica quotidianamente foto o video dei propri figli minorenni.
Il testo francese quindi introdurrebbe il concetto di “vita privata del figlio minore” che ogni genitore o adulto deve rispettare. In caso di genitorialità inoltre si fa presente che entrambe le figure presenti sono tenute al rispetto del diritto di immagine del figlio senza esclusione. In caso di disaccordo tra i genitori sulla questione, la proposta di legge prevede che “il giudice possa vietare a uno di loro di pubblicare o distribuire qualsiasi contenuto senza l’autorizzazione dell’altro”. Insomma, se approvata questa legge potrebbe davvero fare la differenza e diventare il presupposto da imporsi poi anche al resto del mondo.
In Italia se ne parla molto ma resta tutto molto frastagliato. Solo la stampa nazionale è obbligata al rispetto della tutela dei minori, come raccomandato dalla Carta di Treviso del 1990, documento deontologico fondamentale per i giornalisti italiani. Aumentano in questo modo gli strumenti a tutela dei minorenni quando sono protagonisti di fatti di cronaca in caso di necessarie ricostruzioni giornalistiche dettagliate. La Carta è stata rivista più volte, nel 2006. E poi il 6 luglio 2021 quando il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti ne ha approvato l’aggiornamento “adeguandola ai cambiamenti intervenuti nel mondo dei media“.