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Anisakis, un parassita pericoloso che si trasmette attraverso il pesce

Si tratta di vermi che si sviluppano nel pesce, ma nell’uomo restano allo stato larvale.

Pubblicato: 16 Agosto, 2018

Argomenti trattati mostra
1 La biologia dell’Anisakis
2 I pericoli delle larve
3 Lo sviluppo dell’infezione
4 Come diagnosticare l’infezione del parassita
5 Come prevenire l’infezione
6 Cuocere gli alimenti
7 Come si cura la parassitosi

L’Anisakis Dujardin è un verme parassita che attacca alcuni animali marini. La definizione scientifica è di vermi nematodi, ed è stata classificata alla metà dell’Ottocento.

La biologia dell’Anisakis

La biologia dell'Anisakis

L’Anisakis dei vermi che attaccano lo stomaco di alcuni mammiferi marini, e sono abbastanza grandi da poter essere osservati senza l’ausilio dei microscopi. Hanno un colore bianco e vivono solo in ambienti marini.

Per la riproduzione i vermi producono delle uova che vengono poi rilasciate attraverso le feci degli animali ospitanti. Una volta in mare, le uova si sviluppano e una volta schiuse, rilasciano le piccole larve.

Queste vengono ingoiate da altri animali marini più piccoli per iniziare lo sviluppo. In genere sono i crostacei e i krill ad ospitare le larve al primo stadio. Gli animali che si nutrono di questi crostacei, ingerendo i piccoli krill, ingeriscono anche le larve, che sopravvivono e continuano il loro sviluppo.

Inizialmente vengono infettati piccoli pesci, e scalando la catena alimentare si arriva a pesci di più grandi dimensioni, come le foche, i delfini e le balene.

Quando le larve sono ospitate dei pesci di medie dimensioni, in quello che si chiama ospite intermedio, o paratenico, non ha possibilità di sviluppo. Questo avviene solo quando i pesci intermedi vengono mangiati dai grandi pesci, che sono l’ospite definitivo. Si tratta di mammiferi marini, in cui la larva passa allo stato di verme.

Gli ospiti intermedi a volte possono essere definiti accidentali. Si tratta degli uomini, che mangiano del pesce contaminato. L’uomo quindi ingerisce le larve, attraverso l’alimentazione di pesce crudo o poco cotto. Il verme dunque si sviluppa solo in alcuni mammiferi specifici. Una volta sviluppato misura tra uno e tre centimetri. Essendo l’uomo un ospite occasionale, la larve non può svilupparsi per produrre le uova.

I pericoli delle larve

Anche se le larve non possono svilupparsi in vermi adulti, sono comunque pericolosi per l’uomo. Infatti possono dare luogo a reazioni allergiche, dovute agli escrementi, oppure a parassitosi. La parassitosi è dovuta chiaramente all’ingestione delle larve. Molta attenzione va posta quando si mangia del pesce spada o del tonno, la lampugna, la ricciola o il pesce sciabola. Anche le sardine, le aringhe e le acciughe sono a rischio. Così come il consumo di merluzzo, sgombro, nasello e merluzzo.

La parassitosi dovuta alla contaminazione di larve di Anisakis viene definita come anisakidosi o anisakiasi. L’area interessata dall’infezione è tutto il tratto gastrointestinale. Naturalmente il consumo di pesce crudo aumenta le possibilità di contrarre la parassitosi. Sono quindi i paesi che culturalmente ne mangiano grandi quantità, quelli più a rischio.

Il Giappone, per le sue tradizioni culinarie, è in prima fila, ma anche i paesi scandinavi, per il consumo di fegato di merluzzo, e l’Olanda, dove si usa mangiare aringhe in salamoia. I paesi costieri hanno anch’essi l’abitudine di mangiare pesce crudo, sia nel sud-est asiatico che in Sud America.

I primi casi furono riscontrati negli anni ’70 del Novecento, quando le diagnosi si fecero più accurate. Da allora, il numero di infetti da anisakiasi è aumentato, perché si è riusciti a riconoscere l’infezione. Attualmente si segnalano circa 20.000 casi l’anno.

Lo sviluppo dell’infezione

L’infezione parassitaria si sviluppa a partire dall’ingestione delle larve, attraverso il consumo di pesce crudo o poco cotto. In alcuni casi, il corpo espelle autonomamente le larve entro due giorni dall’ingestione.

Ma se le larve riescono a penetrare la mucosa gastrica entro le prime ore, allora bisogna intervenire.

I primi sintomi sono un forte dolore al ventre, con vomito. In questa fase l’espulsione delle larve potrebbe avvenire anche attraverso il rigurgito di cibo, se queste sono ancora nello stomaco.

Ma nel caso in cui le larve siano già arrivate all’intestino, allora si hanno dei sintomi simili a quelli riscontrati nel morbo di Crohn. Questa sintomatologia si sviluppa dopo la prima settimana.

Questo in quanto gli anticorpi rispondono alle tossine rilasciate dalle larve. Il dolore al ventre si fa intermittente così come il vomito e la diarrea. Vi può essere anche febbre alta e nei casi più gravi, perforazione dell’intestino.

Come diagnosticare l’infezione del parassita

Diagnosticare l’infezione del parassita oggi è relativamente semplice, grazie alla tecnologia moderna. La gastroscopia (EGDS) è lo strumento diagnostico utilizzato, che permette anche la rimozione delle larve. Altri esami diagnostici sono l’esame istologico con biopsia o l’intervento chirurgico di altra natura. Come detto nel primo paragrafo, non vengono trovate uova nelle feci, in quanto l’uomo è un ospite occasionale che non permette la maturazione delle larve.

Altre diagnosi si possono effettuare in base alle reazioni allergiche che spesso accompagnano la parassitosi. Si possono manifestare anche orticaria e dermatiti, e usare alcuni esami allergici.

Questi esami possono essere il prick test, oppure l’individuazione degli anticorpi specifici che agiscono quando vi è un’infestazione di larve di Anisakis. Spesso, di fronte all’infestazione, si alzano notevolmente i livelli di IgE. Questo dato, assieme alla recente ingestione di pesce a rischio, può indicare la presenza di larve.

Come prevenire l’infezione

Come prevenire l'infezione

Per prevenire l’infezione bisogna controllare il proprio regime alimentare. Basta semplicemente consumare pesce ben cotto, oppure congelare il pesce crudo per un tempo adeguato prima di consumarlo. Le larve invece resistono a tecniche di conservazione come l’affumicatura, la salatura e la marinatura.

Inoltre è più facile che le larve penetrino nelle viscere dei pesci selvatici piuttosto che in quelle del pesce dall’allevamento. In questo modo, l’Olanda ha praticamente azzerato i rischi derivanti dalla parassitosi delle larve.

Il congelamento, nei paesi che tradizionalmente consumano pesce crudo, sembra essere molto efficace nella prevenzione della parassitosi. Molti governi hanno infatti approvato delle leggi per obbligare i rivenditori a congelare il pesce che sarà poi servito crudo. Tra questi la citata Olanda, che ha ottenuto ottimi risultati.

Il pesce va congelato al di sotto dei -18°C per non meno di 96 ore. Questo metodo uccide le larve, anche grazie ad un contingente trattamento termico. La temperatura richiesta per uccidere le larve non è raggiunta da tutti i freezer domestici. Dovete quindi prima informarvi se il vostro freezer è in grado i scendere a temperature al di sotto dei -18°C. Si tratta dei freezer classificati con tre e quattro stelle. Quelli di classificazione inferiore possono arrivare al massimo a -12°C.

Cuocere gli alimenti

La cottura è l’altro sistema sicuro per uccidere le larve. Questo va chiaramente contro alcune tradizioni culinarie. Il pesce ba quindi cotto per almeno un minuto con una temperatura interna (del cibo stesso) che superi i 60°C. Anche in questo caso è importante informarsi su come ottenere una temperatura interna al pesce così elevata. Molto dipende dalle dimensioni dell’alimento. Ad esempio, un filetto che sia spesso circa 3 centimetri, deve essere cotto per non meno di dieci minuti, per ottenere quella temperatura interna.

Le raccomandazioni dell’OMS sulla prevenzione della parassitosi hanno concluso che la temperatura di congelamento più sicura è oltre i -23°C. L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda anche un’immediata cottura dopo lo scongelamento. Per l’Unione Europea, il congelamento deve essere di almeno 24 ore a -20°C per almeno 24 ore. Gli Stati Uniti invece danno indicazioni diverse: -35°C per 15 ore o -20°C per 7 giorni.

Come si cura la parassitosi

Per curare la parassitosi da Anisakis bisogna ricorrere al trattamento sintomatico. Alcune volte però è necessaria un’operazione chirurgica. Come abbiamo già accennato nel paragrafo dedicato alla diagnosi, la gastroscopia serve, oltre a individuare la parassitosi, anche a rimuovere le larve. L’intervento operatorio viene reso necessario quando c’è l’occlusione dell’intestino tenue.

In altri casi più lievi, potrebbe bastare anche la terapia farmacologica a base di albendazolo.

Una delle complicanze della parassitosi dovuta alle larve è quella delle reazioni allergiche.

La cottura non risolve il problema. Le larve infatti espellono delle sostanze biochimiche che né la cottura, né il congelamento, riescono ad eliminare.
Le reazioni allergiche possono dar luogo a patologie acute. Tra le varie allergie si può presentare l’orticaria, ma nei casi più gravi vi sono anche gli shock anafilattici. Spesso vi sono forti dolori addominali. Altre reazioni sono la dermatite da contatto, l’asma e la congiuntivite.

Dr.ssa Roberta Gammella

Dr.ssa Roberta Gammella

Revisione scientifica e correzione a cura della Dottoressa Roberta Gammella (medico di base). Le informazioni contenute in questo articolo non devono in alcun modo sostituire il rapporto dottore-paziente; si raccomanda al contrario di chiedere il parere del proprio medico prima di mettere in pratica qualsiasi consiglio od indicazione riportata.
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