Anisocitosi, che cosa è e come si cura

Numerose sono le cause dell’anisocitosi. Tra le principali e ricorrenti si può ben ricordare la carenza di ferro, l’anemia sideroblastica, la carenza di vitamina A, la sindrome mielodisplastica, l’emogloblina di Bart, la carenza di vitamina B12, la carenza di folati, le trasfusioni di sangue, e così via. Dunque, un panorama di potenziali determinanti invero piuttosto lungo, di diversa gravità e, pertanto, di diversa opportunità di risoluzione nel brevissimo termine.

Come riconoscere l’anisocitosi

Per poter comprendere in che modo riconoscere (o, meglio, intuire) l’anisocitosi, ricordiamo come le funzioni vitali dei globuli rossi siano principalmente quelle di trasportare ossigeno e altre sostanze essenziali dal cuore ai diversi tessuti del corpo. Quando si soffre di anisocitosi, le dimensioni dei globuli rossi non sono uguali le une con gli altri e, pertanto, causano una diminuzione dell’attività di trasporto dell’ossigeno e delle altre sostanze nutritive, con effetti nocivi per l’intero sistema fisiologico.

Pertanto, in caso di anisocitosi è frequente avvertire stanchezza anche dopo aver effettuato un esercizio fisico non particolarmente impegnativo, piuttosto che mancanza di respiro e difficoltà di respirazione, tachicardia e una complessiva sensazione di fatica, anche nello svolgere attività non pesanti. A ciò si aggiungono eventuali altri sintomi come il pallore di pelle, unghie e bulbo oculare, temperatura corporea troppo bassa, freddezza di mani e piedi, mal di testa, vertigini.

Come diagnosticare e curare l’anisocitosi

L’anisocitosi può essere diagnosticata attraverso un esame emocromocitometrico: il medico valuterà con particolare attenzione i valori di MCV (il volume corpuscolare medio), confrontando se gli stessi siano superiori o inferiori a quelli normali. Una volta diagnosticata l’anisocitosi, occorrerà cercare di comprendere quali siano state le determinanti alla base di tale problema: solamente compresa la causa della condizione, si procederà con la prescrizione della terapia necessaria per poter ricostituire la condizione di salute.

Anisocitosi in gravidanza

L’anemia tra le donne in età riproduttiva non è un fattore particolarmente “anomalo”, e durante la gravidanza è pertanto probabile monitorare un’eventuale anisocitosi. Durante il primo e il secondo trimestre della gravidanza, infatti, il volume del plasma aumenta in maniera più che proporzionale: se intercettata tempestivamente, ovvero quando l’anemia è diagnosticata nelle primissime fasi della gravidanza, e viene trattata con prontezza, si può comunque ricondurre il quadro in una condizione di maggiore controllo (fermo restando che gli studi effettuati nel corso degli ultimi anni confermano che vi sarebbe comunque un maggior rischio di parto prematuro rispetto ad altre condizioni).

Considerata la lunga serie potenziali cause determinanti l’anisocitosi, e considerata l’importanza che ha il monitoraggio di tale condizione (e non solo per le donne in gravidanza), vi consigliamo di condividere quanto sopra con il vostro medico, il quale disporrà gli opportuni accertamenti per scoprire le cause dell’eventuale condizione di anisocitosi, con conseguente assunzione delle migliori terapie.

Impostazioni privacy