Bacillo di Koch, il batterio che causa la tubercolosi

Questi bacilli sono immobili e non sporigeni, aerobi obbligati ed hanno dimensioni di 0,2 o 0,6 x1-10 um, ed inoltre sono caratterizzati da una lenta crescita e da una parete ricchissima di acidi micolici ed inoltre da un loro DNA con un contenuto elevato di citosina e guanina in una percentuale che si aggira intorno al 70% circa. Il nome di questo bacillo deriva dal dottore che lo scoprì nel 1882, Robert Koch.

Struttura della parete

La struttura della parete cellulare che costituisce il bacillo di Koch è peculiare sotto molti punti di vista ed è composta per un 60% da lipidi che formano il peso secco della parete stessa, mentre un 30% è il peso secco del corpo batterico ovvero principalmente di acidi micolici e di cere A,B,C, e D.

Le proteine presenti costituiscono un buon 15% della parete e svolgono una potente attività antigenica con attivazione dell’immunità cellulo-mediata. Una volta estratte mediante metodi opportuni prendono il nome di PPD oppure di “Derivato proteico purificato”, il maggiore responsabile di eventuali reazioni di ipersensibilità di IV tipo.

Tale struttura è composta sotto forma di strati presenti dall’esterno verso l’interno dove si trova il peptidoglicano, l’arabinogalattano ed i glicolipidi di superficie dove a loro volta si ancorano gli acidi micolici. Una volta ancorati direttamente alla membrana, i gruppi lipo-arabinomannani attraverso interamente la parete.

Tale procedimento giustifica la resistenza verso i fattori ambientali come ad esempio l’essiccamento, oppure l’acool-acido resistenza, o l’elevato tempo di replicazione che può durare anche 24 ore e le caratteristiche di crescita tramite vitro, dove si possono avvistare colonie anche dopo 40 giorni.

Bacillo di Koch: struttura della parete

L’antigenicità è dovuta alla presenza di proteine nella parete e la resistenza alla presenza di molto antibiotici, mentre la tendenza del batterio ad aggregarsi, è dovuta al dimicoliltrealosio detto anche fattore cordale. Il Mycobacterium viene anche detto micosidi ovvero dove gli acidi micolici sono lipidi formati da circa 90 atomi di carbonio, che a loro volta sono uniti ai carboidrati mediante legame covalente.

Tramite il fattore cordale si ha la crescita sotto forma di catene parallele ed è tossico se viene inoculato dai ratti, ed inoltre è coinvolto nella virulenza dei micobatteri, inibendo la fagocitosi mediata dai macrofagi con sopravvivenza endovescicolare. La reazione di ipersensibilità di IV tipo sempre essere provocata dalla cera D.

Patogenesi

Bacillo di Koch: patogenesi

Una volta effettuata l’inalazione tramite aerosol si caratterizza la fagocitosi dei batteri principalmente da parte dei macrofagi alveolari. Il fattore cordale determina il blocco della fusione lisosoma-fagosoma, e di conseguenza porta alla sopravvivenza di tale batterio all’interno dei macrofagi facendo attivare le difese immune cellulo-mediata. L’attivazione dei T CD4+ caratterizza la produzione degli anticorpi non patogeni a causa della localizzazione intracellulare di BK, ed anche alla produzione di IFN e di IL-2 con ulteriore attivazione dei microfagi. Una volta attivati tali microfagi, possono fagocitare a questo punto ed anche uccidere i micobatteri. La lisi delle cellule fagocitiche che contengono micobatteri in replicazione, è provocata invece dall’attivazione dei linfociti T CD8.

Il risultato che se ne ricava da questi movimenti, è un’infiammazione cronica con formazione di granulomi che contengono necrosi caseosa, ovvero con internamente materiale formato dai bacilli, cellule epitelioidi ed infine macrofagi morti. In macrofagi con nucleo a ferro di cavallo si localizzano nell’area della necrosi caseosa talmente stretti che sono in grado di formare uno strato epitelioide, mentre nella parte esterna troviamo i linfociti T ed anche le plasmacellule.

Il granuloma di conseguenza è composto da uno strato capsulare formato da fibroblasti e da tessuto connettivo, che è stato determinato come esito dell’evento infiammatorio di cui sopra. La necrosi caseosa è ancora oggi molto discussa e sembra che siano coinvolti diversi fattori, come per prima cosa l’importanza delle reazioni di ipersensibilità di tipo IV mediata dalla componente proteica che si trova dissolta nei tessuti ed la produzione di interferone con la conseguente tossicità.

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