Batteri: un’alternativa ecologica e sostenibile ai fertilizzanti

Le ultime ricerche hanno approfondito il tema della sostituzione dei fertilizzanti chimici nell’agricoltura con dei batteri specifici. Di cosa si tratta.

Alternativa ai fertilizzanti
Campi di grano (Foto Pexels)

Un nuovo studio ha proposto l’utilizzo di alcuni batteri nell’agricoltura per sostituire pesticidi e fertilizzanti chimici. Questi sono una delle principali cause di inquinamento atmosferico, delle falde acquifere e dei terreni coltivabili. Tutti i dettagli.

I batteri potranno sostituire i fertilizzanti chimici: la nuova frontiera dell’agricoltura

L’impatto ambientale dei fertilizzanti chimici è sempre più disastroso. L’acidificazione dei terreni coltivabili è alle stelle, così come l’inquinamento atmosferico e delle falde acquifere. A questo proposito, il mondo della ricerca si sta muovendo verso soluzioni ecosostenibili che possano rimpiazzare definitivamente l’utilizzo dei pesticidi sul suolo.

Biofertilizzanti per le coltivazioni
Trattore distribuisce fertilizzanti (Foto Pexels)

Tenendo conto della biodiversità presente, alcuni ricercatori hanno ipotizzato l’impiego di uno specifico ceppo di batteri mutanti che sarebbero in grado di fornire il giusto apporto di azoto alle piante. Si tratta della famiglia di batteri Azotobacter vinelandii, non geneticamente modificati e utili come biofertilizzanti.

Questi ultimi infatti sono in grado di assecondare le esigenze e i ritmi della pianta, controllando la quantità di azoto di cui essa necessita. Al contrario, i fertilizzanti chimici ne riversano una quantità enorme che va poi ad inquinare le acque dei fiumi e degli oceani, danneggiando inesorabilmente l’ecosistema.

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Il ruolo degli Azotobacter come biofertilizzanti

Gli Azotobacter sono biofertilizzanti, 100% naturali, privi di mutazioni genetiche. Sono presenti in natura nella rizosfera, ovvero la porzione di suolo che circonda le radici di alcune coltivazioni.

Grazie ad alcuni microrganismi che si trovano nel terreno, è possibile fissare l’azoto anche se presente in piccolissime parti. Mentre in assenza di azoto, i batteri fanno rifornimento tramite azoto gassoso che si trova nell’atmosfera.

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“La modifica che abbiamo fatto non porta alcun transgene nel genoma di questo batterio. L’abbiamo modificato usando geni indigeni”, ha spiegato il dottor Florence Mus, collaboratore dello studio pubblicato sulla rivista scientifica della American Society for Microbiology. I vantaggi dell’impiego di questi batteri sarebbero dunque:

  • maggiore rispetto della biodiversità e delle singole esigenze delle colture;
  • fertilizzante biologico e rispettoso dell’ambiente;
  • minore inquinamento atmosferico.
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