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Stafilococco aureo: descrizione, trasmissione e cure

Pubblicato da
Lorenzo

Lo stafilococco aureo, che prende questo particolare nome dal colorito dorato che caratterizza le colonie da esso formate, è uno die più virulenti batteri che appartengono alla famiglia dello stafilococco.  Normalmente il corpo umano controlla, per lo più in modo agevole, il suo sviluppo, al punto che una colonizzazione asintomatica da stafilococco aureo è ben più comune rispetto ad una colonizzazione caratterizzata dalla infezione.

Nonostante ciò, se dovesse colonizzare un organismo umano durante una diminuzione delle difese immunitarie (per qualsiasi motivo dovesse instaurarsi questa condizione), lo stafilococco aureo potrebbe avere la meglio rispetto ad una esigua barriera immunitaria: naturalmente gli individui che corrono più rischi in tal senso sono gli anziani ed i neonati, e, per questi ultimi, il rischio è ancora più grande se dovessero essere neonati immaturi.

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Lo stafilococco aureo è il più diffuso agente di natura eziologica per quanto riguarda le infezioni della pelle e dei tessuti molli; stiamo parlando per lo più di infezioni di natura piogenica (di conseguenza con la secrezione del pus) che prendono le sembianze di ascessi e di foruncoli. Tra le altre patologie che si possono ricondurre alla presenza dello stafilococco aureo, ricordiamo qualche forma di gastroenterite (intossicazioni alimentari), senza però omettere anche alcune patologie di tipo più grave, quali l’artrite settica, l’osteomielite, le sindromi da shock tossici, la borsite, la polmonite, la necrolisi tossica epidermica, l’endocardite e la meningite. Lo stafilococco aureo si ritiene anche possa essere un diffuso agente di patologie cosiddette “nosocomiali”, potendo anche coinvolgere pazienti che abbiano subito un intervento chirurgico o qualsiasi altro tipo di manovra invasiva, e comportando, spesso, complicazioni per la completa guarigione. Qualche ceppo di stafilococco aureo produce delle tossine che si ritiene siano responsabili di 2 tipiche patologie di natura clinica:

  1. La sindrome della pelle –pseudo- ustionata, che affligge per lo più i bimbi nell’età della primissima infanzia e che si caratterizza per le zone di cute discretamente estese che si distaccano e cadono, e per questo motivo la tossina che viene additata come responsabile di questo evento è chiamata “esfoliatina”;
  2. La sindrome da shock tossico, che si caratterizza, invece, per i forti rialzi termici, per la diarrea ed il vomito, per i probabili stati confusionali, rash cutanei, insufficienze che possono riguardare più organi e desquamazioni cutanee.

Il batterio deve la sua trasmissione da un individuo all’altro alle dispersioni, per le vie aerogene, quindi in aria, di piccole gocce portatrici del batterio che vengono emesse per il tramite di colpi di tosse o grazie ad uno starnuto. Il contagio, però, può avvenire anche per il tramite di contatti diretti, per esempio toccando le mani di una persona infetta.

La tossinfezione alimentare da stafilococco aureo, che si caratterizza per l’insorgere, dopo qualche ora dall’aver consumato degli alimenti contaminati de un ceppo produttore della enterotossina, di episodi di vomito cosiddetto “incoercibile”, poi, di febbre anche alta, di forte diarrea e, talvolta, di brividi, avviene normalmente par l’aver consumato dei cibi contaminati, per esempio di cibi che abbiano subito una manipolazione da una persona con una infezione stafilococcica dermatologica alle mani.

Il cibo che si ritiene sia più a rischio di altri d’essere un veicolo per la trasmissione dello stafilococco aureo, è il latte crudo quando ad essere munta sia stata una vacca affetta da patologie mastitiche. Da ricordare, inoltre, che i processi di pastorizzazione ed altre procedure di natura termica, uccidono i batteri ma non le tossine già da essi prodotte.

Bollire il latte subito dopo la mungitura ed anche il conservarlo nei frigoriferi, di certo si possono considerare validi aiuti nel controllo della proliferazione dei batteri, poiché lo stafilococco aureo non riesce a crescere a temperature che non raggiungano i cinque o sei gradi centigradi e, in ogni caso, esso sintetizza le proprie tossine esclusivamente se la temperatura dell’ambiente dove si trova sia superiore ai dodici o tredici gradi centigradi. Lo stafilococco aureo si sviluppa bene anche se si trova in ambienti con una elevata concentrazione salina (7.5% di NaCl) e con scarsa umidità, situazioni ambientali, queste, che inibirebbero lo sviluppo della maggior parte delle altre famiglie di batteri; conseguentemente lo stafilococco aureo crescerà perfettamente anche in alimenti molto salati, quali potrebbero essere il prosciutto o qualsiasi altra carne lavorata, ed anche in alimenti che abbiano subito un processo di essicazione. Oltre ai derivati del latte ed al latte stesso, sono appunto gli alimenti con grandi contenuti in proteine (per esempio le uova, il pesce e la carne), a costituire la tipologia di alimenti più a rischio d’essere stata contaminata dallo stafilococco aureo.

Resistenza agli antibiotici dello stafilococco aureo e i trattamenti possibili

L’utilizzo indiscriminato di farmaci ad azione antibiotica ha condotto, come accade assai sovente, alla nascita di ceppi meticillinoresistenti, insensibili, di conseguenza,  all’azione delle cefalosporine e delle penicilline, e, al giorno d’oggi, anche alla nascita di ceppi con multiple resistenze, per esempio anche all’azione della vancomicina, che è uno di quei pochi medicinali, unitamente alla teicoplanina, che riescono ancora a combattere i processi infettivi causati dallo stafilococco aureo.

Relativamente ad un totale di due miliardi, più o meno, di individui con colonizzazione da parte dello stafilococco aureo, si stimo che nell’anno 2006 gli individui portatori di ceppi resistenti, MRSA, andavano da un minimo di due ad un massimo di cinquantatre milioni. Ma altre ricerche parlano di numeri anche molto più elevati.

Da questi dati statistici si rileva come una diagnosi corretta sia particolarmente importante. La diagnosi corretta deve comprendere l’isolamento del batterio, per il tramite di esami effettuati sulle colture ed esami direttamente effettuati al microscopio, o grazie alle tecniche all’avanguardia in grado di amplificare il DNA e seguite dagli esami di sensibilità ai farmaci ad azione antibiotica (il famoso antibiogramma).

Poiché la mano è un veicolo molto diffuso di trasmissione di infezioni da stafilococco aureo, è di fondamentale importanza che il personale parasanitario e sanitario e, ad ogni buon conto, tutti coloro che si ritrovano frequentemente con individui affetti, provvedano sempre ad accurati lavaggi delle mani con saponi disinfettanti o con disinfettanti a base di alcol, immediatamente dopo l’entrata in contatto con soggetti colonizzati.

Esistono dei farmaci ad azione antibiotica che sono di recente formulazione e che si rivelano particolarmente efficaci nel debellare lo stafilococco aureo, e, tra questi, ricordiamo il linezolid, che appartiene alla famiglia dei farmaci oxazolidinoni, la streptogramina ed il quinupristin/dalfopristin.

Metodi diagnostici

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Per arrivare ad una diagnosi corretta spesso si ricorre all’esame colturale. Quindi, si vanno ad eseguire le colture delle zone che sono state infettate. Di conseguenza, possono essere presi a campione fluidi o pus che derivano da una ferita, sangue, ma anche latto in caso di infezioni al seno. In alcune situazioni viene raccolto un numero maggiore di campioni per la valutazione di differenti zone del corpo. Al tempo stesso, anche con l’intento di individuare batteri che possono essere presenti in ridotti quantitativi all’interno del sangue. Le colture nasali di persone che non hanno problemi si possono eseguire con un obiettivo particolare. Ovvero per comprendere se un soggetto è colonizzato da MRSA oppure ne è portatore.

I campioni che vengono posti a coltura subiscano l’incubazione e poi vengono analizzati per lo sviluppo di colone tipiche dello Stafilococco aureus. Nel caso in cui tale colonie siano presenti, allora vengono effettuati anche dei test di suscettibilità per comprendere se si tratti di un ceppo di MRSA. Nel caso, anche per capire quali tipologie di antibiotici si possono somministrare come cura. Certe volte l’individuazione di MRSA può nascondere vari problemi. I ceppi resistenti, infatti, nella maggior parte dei casi si sviluppano con maggiore lentezza in confronto a quelli suscettibili. Ecco perché c’è anche la possibilità che non vengano individuati inizialmente.

L’obiettivo di ogni cura per le infezioni da MRSA

Lo scopo più importante del contenimento di MRSA è quello della gestione delle infezioni. Sono state diffuse varie tipologie di campagne informative circa l’esistenza di MRSA. L’obiettivo è quello di aumentare l’uso di misure preventive, come ad esempio la copertura delle ferite e un miglioramento generale dell’igiene. Un gran numero di squadre sportive e istituzioni hanno previste nuove procedure per il riconoscimento e individuazioni più rapidi delle infezioni da MRSA. I medici sono portati sempre più di frequente a prescrivere esami colturali e antibiogrammi per i pazienti che presentano infezioni della cute o ferite infette.

In questo modo si può anche capire meglio l’efficienza della cura e determinate una possibile presenza di CA-MRSA. Al giorno d’oggi, tutti quei soggetti che soffrono di gravi infezioni derivanti da MRSA devono solitamente seguire una cura a base di vancomicina. Quest’ultimo è un antibiotico che viene prescritto per una somministrazione per via endotravenosa, con un trattamento che dura di solito varie settimane. Sono numerosi i casi in cui la vancomicina al termine della cura permette di debellare l’infezione da MRSA. Al contempo, però, bisogna mettere in evidenza come non vada a svolgere alcuna misura preventiva nei confronti della sua colonizzazione. Recentemente sono stati scoperti dei ceppi di S. aureus che hanno una resistenza media rispetto alla vancomicina. C’è il rischio che tali ceppi possono aumentare numericamente, al punto tale da non avere opzioni terapeutiche per la cura degli stafilococchi aureus antibiotico-resistenti.

Quali sono i sistemi di immunizzazione

Si sta cercando di arrivare alla realizzazione di un vaccino per contrastare questa patologia. Per il momento sono giunti vari segnali positivi. In modo particolare per via di test che hanno previsto l’allestimento di un vaccino per gli stipiti capsulari di tipo 5 e di tipo 8. I vari esperimenti in merito stanno dando buoni risultati. L’applicazione del vaccino avverrebbe in ottica preventiva in tutti quei soggetti che sono maggiormente a rischio. Esattamente come nel caso di colore che sono espositi al rischio di infezioni nocosomiali. L’autovaccino viene impiegato in tutte quelle persone che non hanno la capacità di realizzare una risposta immunitaria che sia efficace. Inoltre, viene sfruttato anche per coloro che subiscono spesso infezioni di tipo cronico. Nel 2001 si è arrivati a sequenziare il genoma di S. aureus.

Gli stafilococchi e le infezioni nosocomiali

Gli agenti che vanno a provocare tali infezioni e che si diffondono spesso negli ambienti ospedalieri sono quelli denominati coagulasi-negativi. Si tratta di un gruppo di batteri che insorgono con sempre maggiore costanza e frequenza. Tra i vari stafilococchi coagulasi-negativi troviamo saprophyticus, hominis, scleiferi, lugdunensis e epidermidis. Le cause di tali infezioni, nella maggior parte dei casi, sono iatrogene.

Nella gran parte dei casi si rinvengono all’interno del sangue di persone che hanno impianti protesici, così come intravascolari. Si tratta di infezioni che possono portare a numerose complicazioni e disturbi. Infatti, piuttosto di frequente sono difficili da trattare e da debellare. Il motivo è relativo ad una notevole farmaco-resistenza, legata a diversi farmaci che ha portato a quello che viene chiamato MRSA (meticillin resistant Staphylococcus aureus).

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Lorenzo