Si sono verificati centinaia di richiami a causa di gamberi radioattivi, ma cosa significa? E quanto è sicuro metterli nelle nostre tavole?
Negli ultimi mesi un pericolo invisibile si è avvicinato alla nostra alimentazione. E’ iniziata con segnali lievi: controlli doganali che hanno riportato anomalie. Poi le indiscrezioni si fanno più pesanti: alcune partite di crostacei congelati importati sono state bloccate prima di entrare nei supermercati. Con il passare del tempo, l’allarme cresce e coinvolge anche le catene di distribuzione.
La questione è stata poi portata all’attenzione pubblica nei mesi estivi, quando autorità competenti hanno segnalato possibili tracce di cesio‑137, un isotopo radioattivo, in diverse importazioni di gamberi surgelati provenienti dall’Indonesia. Il fenomeno non è rimasto isolato: si è esteso, ha generato richiami e sollevato interrogativi sull’integrità delle filiere alimentari globali.
Gli Stati Uniti hanno richiamato oltre settanta tonnellate di gamberi e spiedini surgelati dopo che controlli doganali hanno rilevato presenze sospette in alcuni container. L’agenzia doganale statunitense ha intercettato segnali di cesio‑137 in alcune spedizioni, che hanno attivato immediatamente gli accertamenti della Food and Drug Administration (FDA). In alcuni lotti i test hanno confermato la presenza dell’isotopo, probabilmente in quantità molto basse, ma sufficienti a giustificare l’allarme sanitario.
Molti prodotti sono stati ritirati dai supermercati di grandi catene americane, tra cui Walmart e Kroger, e l’allerta ha coinvolto decine di stati. Ciò che rende la situazione ancora più complessa è che la contaminazione non sembra riguardare soltanto i gamberi. Anche spezie importate dallo stesso paese sono finite sotto i riflettori delle autorità.
A complicare le indagini interviene la geografia stessa dell’Indonesia: gli stabilimenti coinvolti si trovano a centinaia di chilometri di distanza, rendendo difficile identificare una fonte comune. Alcune ipotesi parlano di frammenti di metallo contaminato diffusi nell’ambiente vicino ai siti produttivi o di contaminazioni avvenute durante il trasporto: container, navi e mezzi di carico che avrebbero potuto trasportare sostanze radioattive in precedenza.
L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA) ha segnalato che frammenti di metallo contaminato vicino a uno stabilimento indonesiano potrebbero rappresentare una fonte plausibile di diffusione del cesio‑137.
Il cesio‑137 non è un elemento che si trova liberamente in natura: è il risultato di reazioni nucleari, test atomici o incidenti in centrali. Quando ingerito, anche in quantità minime e per tempi prolungati, può rappresentare un rischio per la salute.
Le autorità americane hanno precisato che i livelli rilevati nei campioni finora studiati sono ben lontani dalle soglie che impongono misure d’emergenza, ma la persistenza di un’esposizione su base continuativa non può essere ignorata. Prestare attenzione a ciò che mettiamo in tavola diventa dunque, sempre più importante e fondamentale è essere sempre aggiornati sui richiami alimentari che vengono divulgati.