La scrittura in corsivo unisce mente e cuore, insegna pazienza e libertà. È un gesto dimenticato, ma i bambini ne hanno ancora bisogno.
Scrivere in corsivo non è solo un esercizio calligrafico. È un linguaggio che unisce il pensiero al gesto, il ritmo interiore alla coordinazione motoria.
Eppure oggi, nelle scuole primarie, questa scrittura viene sempre più spesso trascurata, sostituita dallo stampato o dallo script. Si pensa che queste alternative siano più semplici, più immediato. Ma la semplicità, quando diventa rinuncia, priva i bambini di un’esperienza formativa profonda.
Quando un bambino scrive in corsivo, il suo cervello attiva aree legate non solo alla motricità fine, ma anche alla memoria, al linguaggio e alla concentrazione. Ogni lettera scorre come parte di un movimento continuo che mette in relazione corpo, pensiero ed emozione. Al contrario, lo stampato frammenta, spezza il ritmo, interrompe quella connessione naturale che permette alla scrittura di diventare un gesto vivo.
Molti bambini che oggi vengono etichettati come “disgrafici” non lo sono affatto. Sono semplicemente bambini a cui non è stata data la possibilità di educare il movimento della mano, di sentire la scrittura come un’estensione e una rappresentazione di sé.
Nel mio lavoro di grafologa dell’età evolutiva e educatrice del gesto grafico, vedo ogni giorno come il corsivo diventi una forma di rieducazione globale. Quando un bambino impugna correttamente la matita, ritrova equilibrio e sicurezza. Quando scopre il ritmo giusto del movimento, migliora anche l’autostima. Dietro una grafia incerta spesso c’è molto più di una difficoltà motoria: c’è paura di sbagliare, tensione, ansia da prestazione. L’educazione del gesto grafico serve proprio a sciogliere queste rigidità, a restituire libertà e piacere al segno grafico.
Il corsivo infatti non è solo una questione estetica. È un’esperienza sensoriale e affettiva. Ogni curva racconta un’emozione, ogni legamento una connessione mentale. Insegna a stare dentro un tempo più lento, fatto di concentrazione e ascolto. In un mondo che chiede ai bambini di essere veloci, scrivere in corsivo è un modo per imparare la pazienza, la precisione e la logica.
Una scrittura fluida e armonica favorisce lo sviluppo linguistico e cognitivo, ma anche la capacità di organizzare lo spazio, di percepire il ritmo, di memorizzare ciò che si apprende.
Ogni tratto, ogni pressione, è una piccola finestra sull’identità del bambino. Come grafologa, so che il segno non mente: racconta il modo in cui il bambino si percepisce e interagisce con il mondo.
Insegnare ai bambini, fin dalla prima classe primaria, a scrivere in corsivo significa quindi permettere loro di acquisire competenze che altri stili grafici non possono dare. Dietro ogni lettera che scorre c’è un gesto educativo, un atto di consapevolezza. E forse, in quell’inchiostro che si muove sul foglio, c’è anche il primo segno del pensiero che diventa adulto
Articolo a cura della Dott.ssa Aurora De Santis, grafologa, esperta in educazione e ri-educazione del gesto grafico, grafologa dell’età evolutiva, grafologa forense dell’età evolutiva e grafologa forense e giudiziaria civile e penale, iscritta all’A.G.P. (Associazione Grafologi Professionisti) al n. 9/171.