Ultima ora che lascia senza parole, una bomba esplode e l’attentato è rivolto al volto della Rai e conduttore di Report: distrutta anche l’auto della figlia.
Un’esplosione violenta ha gettato nel caos un’intera zona residenziale. A Campo Ascolano, una frazione alle porte di Roma, le fiamme hanno avvolto completamente due automobili, riducendole a carcasse annerite. Una scena surreale, nel cuore della notte. Nessun preavviso, solo il boato. Quelle auto non erano di persone a caso: una apparteneva a Sigfrido Ranucci, volto noto del giornalismo italiano, l’altra a sua figlia.
Quello che è accaduto non è stato un incidente. Un ordigno è stato collocato con precisione sotto uno dei veicoli, e la sua deflagrazione è stata talmente potente da danneggiare anche un’abitazione vicina. Il rischio che qualcuno potesse perdere la vita è stato concreto. Qualcuno che passava per caso e il bilancio sarebbe stato tragico.
La natura dell’attentato parla chiaro, non è stata una casualità ma un atto mirato. L’obiettivo? Mandare un segnale. Non è la prima volta che il nome di Ranucci, giornalista e conduttore del programma d’inchiesta Report, viene affiancato a vicende scomode. Il suo lavoro, spesso coraggioso e senza compromessi, lo ha posto sotto i riflettori, portando alla luce verità non gradite.
Sul profilo Instagram di Report si legge: “Questa notte un ordigno è stato piazzato sotto l’auto parcheggiata del giornalista e conduttore di Report, Sigfrido Ranucci. L’auto è saltata in aria, danneggiando anche l’altra auto di famiglia e la casa accanto“. Aggiungono anche che sul posto sono intervenuti Digos, carabinieri, vigili del fuoco e la scientifica. Inoltre il Prefetto è stato avvisato e la Procura di competenza si è attivata per portare avanti tutte le verifiche del caso. L’obiettivo è chiarire ogni aspetto dell’attentato e ricostruire la dinamica con precisione.
Si precisa anche, come già detto, che la forza dell’esplosione è stata tale che se qualcuno si fosse trovato nelle vicinanze ci avrebbe rimesso la vita.
Ciò che rende inquietante questa vicenda è la percezione di una minaccia crescente verso chi sceglie di raccontare la realtà senza filtri. Ranucci rappresenta una di quelle voci che, nel panorama dell’informazione italiana, ha sempre cercato di andare oltre la superficie. La violenza subita non colpisce solo lui, ma tutto ciò che rappresenta: il diritto di informare e quello di essere informati.
Non si è trattato di un atto vandalico o di un semplice danneggiamento: chi ha agito voleva colpire duramente, terrorizzare, mettere a tacere. Eppure, in questo scenario di paura e fiamme, emerge anche un’altra verità: il giornalismo libero fa ancora paura e questo significa che continua ad avere un potere.
Il messaggio lanciato con questo attentato non è solo una minaccia individuale, ma un segnale che dovrebbe allarmare chiunque creda nella forza dell’informazione. La domanda ora non è solo chi abbia compiuto il gesto, ma perché sia stato possibile. E, soprattutto, cosa significa davvero oggi essere un giornalista in Italia.