Chiunque in questo periodo compra il prosecco in vista delle feste, ma occhio a quello che acquisti: i peggiori secondo i test de Il Salvagente.
Ci siamo, ora è ufficialmente iniziato il conto alla rovescia alle festività natalizie e al Capodanno. Ci si organizza con cenoni, grandi pranzi e si inizia già a pensare a cosa fare nella notte più lunga dell’anno, quella che saluterà il 2025 per accogliere il 2026.
E sicuramente nelle spese degli italiani non potrà mancare il prosecco, tra i preferiti per festeggiare con amici e parenti. Ma fate attenzione a quello che acquistate, infatti i test de Il Salvagente rivelano una verità che non può essere ignorata.
All’apparenza sembrano tutte uguali, custodite in vetro trasparente o ambrate, pronte a trasformarsi nel simbolo di una festa o nel compagno discreto di una serata qualunque. Eppure, dietro l’eleganza familiare di queste bottiglie, un recente lavoro di laboratorio ha scosso più di un consumatore.
La curiosità nasce dal fatto che nessuno avrebbe immaginato che proprio lì dentro, dove regna l’idea di leggerezza e convivialità, potessero essere rintracciate tracce di sostanze indesiderate. A porre l’attenzione è stata una nuova indagine condotta da Il Salvagente, che ha analizzato 15 bottiglie di prosecco, tutte convenzionali, nessuna biologica e ha trovato una presenza diffusa di pesticidi e PFAS, quei composti conosciuti come “inquinanti eterni”.
Sin dall’inizio emerge un dato che attira l’attenzione: tutte le etichette hanno mostrato residui di pesticidi entro i limiti di legge, un elemento che non elimina però le perplessità legate al cosiddetto “effetto cocktail”, termine utilizzato dagli esperti per descrivere l’azione combinata di più sostanze chimiche presenti contemporaneamente nell’organismo. La questione non riguarda dunque la singola molecola, ma l’interazione tra esse, ancora oggetto di studi e di valutazioni scientifiche in continuo aggiornamento.
La parte centrale delle indagini mostra come il fenomeno non sia relativo a un singolo marchio o a una fascia di prezzo particolare. Secondo Il Salvagente, la presenza di residui interessa tanto i prodotti più costosi quanto quelli più economici, quelli distribuiti nei supermercati e quelli venduti dalle cantine tradizionali.
La stessa etichetta più penalizzata nel test apparteneva a un prodotto commercializzato da Lidl, ma anche marchi storici come Valdo o Carpenè Malvolti hanno registrato tracce significative. L’aspetto essenziale, qui, non è un confronto tra produttori, bensì l’emergere di un quadro complessivo in cui nessuna bottiglia è risultata completamente priva di contaminanti.
Gli esperti coinvolti ricordano che le analisi non valutano la qualità del gusto o le caratteristiche organolettiche, limitandosi all’aspetto tecnico dei residui chimici. L’obiettivo è fornire ai consumatori un’informazione trasparente, utile a comprendere la complessità di un comparto enologico che, pur eccellendo a livello mondiale, deve fare i conti con il tema sempre più urgente dell’impatto ambientale e della sostenibilità agricola.
Nel report si nota inoltre come appena due etichette abbiano superato la soglia della sufficienza in base ai criteri utilizzati dagli analisti. Anche questo elemento, riportato con chiarezza da Il Salvagente, racconta una realtà in cui la contaminazione appare trasversale e meritevole di ulteriori approfondimenti.
Il cuore dell’indagine ruota attorno alle tracce multiple di sostanze chimiche rilevate nelle bottiglie. Alcuni campioni hanno evidenziato fino a dieci principi attivi differenti, un mosaico di elementi che, pur rientrando nei parametri consentiti, solleva interrogativi sulla sicurezza a lungo termine. Fenhexamid, metalaxyl e altri composti minori sono comparsi in diverse etichette appartenenti a produttori noti e distribuiti nei principali canali di vendita, dalla grande distribuzione ai marchi più affermati del territorio.
Uno dei risultati più significativi riguarda però il TFA (acido trifluoroacetico), un metabolita dei PFAS. Il Salvagente ha riscontrato valori compresi tra 38.000 e 60.000 nanogrammi per litro, un intervallo molto superiore agli obiettivi di qualità fissati per l’acqua potabile e fino a sei volte più alto rispetto al riferimento indicato dall’ISS per il 2027. Non esistendo limiti specifici per il vino, il confronto è puramente orientativo, ma sufficiente a mettere in luce quanto questi composti siano ormai diffusi e persistenti.
Tutti i dati citati derivano esclusivamente dalle prove eseguite da Il Salvagente, che ha reso pubblici i risultati dettagliati nel numero di dicembre della rivista.