Una ricerca ha portato alla luce degli aspetti sconosciuti: ricostruiti lo stato di salute e le abitudini di un uomo di 6 mila anni fa.
Un recente studio, condotto dal gruppo di ricerca del Laboratorio del DNA Antico presso l’Università di Bologna, ha portato ad una grande scoperta che riguarda la vita nel Sud Italia, durante il periodo del Neolitico.
L’analisi è stata condotta su alcune tracce antichissime di DNA e su delle proteine. Questi reperti sono stati recuperati da una tomba nella Grotta di Pietra Sant’Angelo, luogo che si trova in provincia di Cosenza. I ricercatori sono riusciti a ricostruire il quadro dello stile di vita e della salute di un individuo vissuto circa 6000 anni fa, durante il Neolitico Medio. Lo studio è veramente importante in quanto gli scienziati sono riusciti ad avere un profilo bioarcheologico completo, cosa che ha aperto la strada a nuove prospettive sulla ricerca sull’età preistorica nel Sud Italia.
I resti oggetti dello studio sono stati rinvenuti nella Grotta di Pietra Sant’Angelo. Il sito si trova a mille metri di altitudine nel Parco del Pollino, in Calabria. I ricercatori hanno trovato un luogo di sepoltura che, fin fa subito, si è rivelato molto particolare per via della posizione e della sepoltura stessa.
Come riportato da In Salute News, secondo Francesco Fontani, uno degli autori dello studio e dottorando presso il Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna, i risultati della ricerca suggeriscono che l’uomo avesse delle infiammazioni che potrebbero aver portato alla sua morte. L’uomo potrebbe essere stato colto da una morte improvvisa e quindi sepolto lontano dal suo villaggio.
I ricercatori hanno anche analizzato il DNA degli attuali residenti di San Lorenzo Bellizzi, in provincia di Cosenza. Grazie a questi rilevamenti, si è aperta l’ipotesi che alcuni popoli neolitici abbiano colonizzato il Sud dell’Italia seguendo un “corridoio preferenziale” attraverso il Mediterraneo.
I resti dell’uomo sono stato scoperti nel 2019, durante delle ricerche archeologiche condotte dalla professoressa Antonella Minelli (Università del Molise) e da Felice Larocca (Centro Regionale di Speleologia “Enzo Dei Medici). I resti sono stati datati con il metodo del Carbonio-14 che ha evidenziato che l’uomo fosse vissuto durante il Neolitico Medio.
La ricerca si è principalmente basata sui frammenti di tartaro sui denti dell’uomo e sullo scheletro. Tramite diverse analisi radiologiche, i ricercatori hanno scoperto che l’uomo aveva un grave problema ai denti e che, probabilmente, utilizzava proprio la bocca per costruire strumenti, usando la bocca come una vera e propria terza mano. Dalle analisi è quindi emerso che l’uomo avesse delle infezioni alle gengive che, all’epoca, potevano causare la morte.
Aurora De Santis