Pitiriasi versicolor: cos’è e come curarla

Nella maggior parte dei casi insorge durante la fine della stagione estiva ed è proprio questa la ragione per cui è stata ribattezzata fungo di mare. Pitiriasi è una parola di origine greca che sta a significare proprio la manifestazione di squame molto fini proprio al di sopra delle chiazze durante la fase attiva della malattia. Versicolor, invece, è una parola di origine latina, che riguarda le chiazze che possono assumere diverse colorazioni, in base allo stato della malattia e alla versione clinica.

Quali sono i sintomi

La pitiriasi versicolor porta alla formazione di modifiche della pigmentazione della cute. Quindi, si cominciano a formare delle macchie dalla forma decisamente irregolare dalla tipica colorazione chiara, oppure color camoscio o, ancora, di colore rosa. La Malassezia, ovvero il batterio che causa la pitiriasi versicolor si caratterizza per riuscire a produrre una particolare sostanza ribattezzata acido azelaico, che è proprio quello che va a colorare le macchie sulla pelle. Le diverse regioni della pelle colpite dalla pitiriasi versicolor, nel corso della fase attiva, si caratterizzano per manifestare una leggera desquamazione furfuracea. In tutti questi casi, la prima cosa da fare è una visita dermatologica, in maniera tale da capire se si tratti effettivamente di pitiriasi versicolor oppure se si è in presenza di altre malattie. Il dermatologo potrà valutare anche la terapia migliore da adottare in base alle condizioni della pelle.

Come si arriva ad una diagnosi

Per quanto riguarda la diagnosi, bisogna sottolineare come, dal punto di vista clinico, i segnali della presenza della pitiriasi versicolor sono indubbiamente evidenti. La lampada di Wood consentirà stabilire una diagnosi ancora più precisa, dal momento che permette di individuare in modo certo sulla serie di macchine dalla tipica colorazione camoscio una fluorescenza dal colore giallo-verdastro che è ricollegata proprio alla pitiriasi versicolor. Nel caso in cui ci fossero ancora dei dubbi, è sufficiente eseguire anche l’esame microscopico diretto usando il sistema dello scotch test. In quest’ultimo caso, devono essere asportate delle squame a partire dalla lesioni usando un nastro adesivo trasparente, che poi viene posizionato su un vetrino e subisce un trattamento a base di potassio al 10-30%. Una volta che è stato macerato si possono individuare i filamenti e le spore che caratterizzano la Malassezia.

Quali sono le terapie

La terapia principale si caratterizza per impiegare dei farmaci antimicotici da utilizzare in via topica. Altrimenti si possono usare dei farmaci sistemici: la scelta varia in relazione sia all’estensione della malattia. Dal punto di vista topico, spesso viene suggerita l’applicazione di prodotti in forma di mousse o le soluzioni che contengono chetoconazolo, ciclopiroxolamina o tioconazolo. Queste ultime tipologie di prodotti, in confronto alle creme, hanno il vantaggio di poter essere applicate perfettamente su superfici particolarmente ampie, come ad esempio il dorso. Inoltre, si caratterizzano per riuscire a garantire un assorbimento più elevato del principio attivo e si possono impiegare anche sulla nuca e sul cuoio capelluto, senza tuttavia andare a sporcare in alcun modo i capelli.

Nella maggior parte dei casi, queste formulazioni devono essere impiegati una o due volte al giorno per un trattamento della durata di quattro settimane circa. Prima di applicare nuovamente gli antimicotici, è sempre meglio lavarsi con cura le mani, anche se comunque si tratta di prodotti non particolarmente unti. In tanti casi viene suggerita una terapia mista, che prevede l’applicazione di soluzioni e mousse insieme all’impiego di detergenti antimicotici che vanno per bene sia per il corpo che per i capelli. Questi particolari detergenti devono essere usati due o tre volte alla settimana per massimo un mese. Una volta finita la terapia si ritiene normale la presenza di macchie dalla colorazione bianca, leggermente meno scure rispetto alla pelle. Infatti, il trattamento va a eradicare il fungo della pelle, ma al contempo non è in grado di produrre stimoli per la melanogenesi, che è stata temporaneamente bloccata dal fungo. È fondamentale in ogni caso evitare di bollire oppure andare a disinfestare i vestiti indossati: si tratta di una pratica antica e che non ha alcun effetto benefico: nel passato si agiva in quel modo perché non si conosceva con precisione l’agente eziologico e anche la malattia aveva un nome diverso, visto che era chiamata tigna versicolor.

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