Sono tra gli alimenti che consumiamo di più, proprio per questo prestare maggior attenzione a quali acquistiamo è fondamentale.
La sicurezza alimentare è fondamentale per tenere al sicuro le nostre famiglie e noi stessi. Mangiare bene, non è un lusso. Gli alimenti che portiamo in tavola devono essere liberi da agenti contaminanti o pericoli per il nostro organismo.

Purtroppo non sempre è così, e nonostante la cucina sia diventata patrimonio Unesco, fare la spesa nei supermercati è ancora una corsa a ostacoli, dove se scegli l’alimento sbagliato potresti intaccare la tua salute. Un nuovo studio, che ha condotto dei test su prodotti provenienti da ben 16 Paesi Ue, ha riscontrato criticità che tutti dovrebbero conoscere.
Pane, pasta e cereali: occhio a quali compri al supermercato
All’apparenza tutto sembra normale. Colori rassicuranti, confezioni familiari, profumi che ricordano casa. Ogni giorno milioni di persone scelgono pane, pasta e cereali con un gesto automatico, fidandosi di ciò che vedono sugli scaffali del supermercato. Dietro quella normalità quotidiana, però c’è qualcosa che non va: assenza di etichette evidenti o avvisi chiari.
Un elemento che non si percepisce al gusto, non si nota alla vista e non lascia tracce immediate, ma che secondo la scienza può restare nell’ambiente e nel corpo umano per anni.

Non stiamo parlando di un rischio improvviso, ma di una presenza costante, che accompagna la nostra alimentazione giorno dopo giorno. Ed è qui che entra in gioco una delle ricerche più discusse degli ultimi tempi, capace di accendere un faro su ciò che spesso viene dato per scontato.
Cosa emerge dalle analisi europee
Un’indagine indipendente condotta da PAN Europe (riferimento per la tutela della qualità alimentare nel continente), ha portato alla luce dati importanti. Hanno esaminato prodotti cerealicoli di largo consumo, provenienti da sedici Paesi dell’Unione Europea, in particolar modo su alimenti presenti quotidianamente sulle tavole di milioni di famiglie.
Dalle analisi è emersa la presenza di acido trifluoroacetico, noto come TFA, una sostanza appartenente alla famiglia dei PFAS, definiti “inquinanti eterni”. Queste molecole sono estremamente resistenti, non si degradano facilmente e tendono ad accumularsi nel tempo. Il dato che colpisce è che oltre l’ottanta per cento dei campioni analizzati conteneva tracce di TFA, spesso in concentrazioni elevate.
Il quadro diventa ancora più significativo quando si osserva che i prodotti a base di grano risultano più esposti rispetto ad altri cereali. Questo elemento apre una riflessione profonda sul legame tra ambiente, agricoltura e filiera alimentare. Il TFA, infatti, si deposita nel suolo e nelle acque, entra nelle piante e da lì raggiunge direttamente il cibo che consumiamo.
Perché il TFA preoccupa la comunità scientifica?
Il punto centrale non è soltanto la presenza di questa sostanza, ma il suo comportamento nel tempo. Il TFA non passa inosservato per la sua quantità immediata, bensì per la sua capacità di restare nell’organismo. Studi scientifici collegano l’esposizione prolungata a possibili effetti sul fegato, sulla tiroide, sul sistema immunitario e sull’apparato riproduttivo.
In Italia, l’attenzione si concentra soprattutto sulla pasta, simbolo della dieta quotidiana. Le analisi indicano che una singola porzione può contribuire all’assunzione giornaliera di TFA, un aspetto che invita a guardare oltre il singolo alimento e a considerare l’effetto cumulativo.

Il tema diventa ancora più delicato quando si parla di bambini. Rapportando l’esposizione al peso corporeo, i più piccoli risultano molto più vulnerabili, superando in alcuni casi le soglie considerate sicure dagli stessi ricercatori. Questo non significa allarmismo, ma consapevolezza, un valore chiave quando si parla di salute pubblica.
Secondo Salomé Roynel, policy officer di PAN Europe, il problema richiede interventi rapidi e decisioni strutturali, perché la persistenza dei PFAS nella catena alimentare rappresenta una delle sfide più complesse per l’Europa contemporanea. Limitare l’uso di queste sostanze significa proteggere non solo l’ambiente, ma anche le generazioni future.





