Acido valproico, un principio attivo per combattere l’epilessia e disturbi del comportamento

Tale farmaco viene impiegato anche come anticonvulsante, perché fa parte degli acidi carbossilici, ma è utilizzato moltissimo anche per stabilizzare l’umore. Esso è costituito da una catena con 8 atomi di carbonio, è poco solubile in acqua, e totalmente invece in acetone, cloroformio ed etere.

In fase sperimentale, si è visto che l’acido valproico è in grado di bloccare le convulsioni indotte mediante Elettroshock Massimale e Pentilentetrazolo, ovvero riesce a bloccare la scarica parossistica ad elevata frequenza in neuroni in coltura. Tramite ricerche approfondite, è stato evidenziato un effetto nel facilitare la Decarbossilasi dell’Acido Glutamico, nella sintesi GABA, mentre recentemente si sono evidenziate effetti inibitori dell’acido valproico su un trasportatore dal GABA che prende il nome di GAT-1, ovvero che contribuirebbe all’effetto epilettico. Tale farmaco, se assunto in concentrazioni molto elevate è in grado di aumentare la conduttanza di membrana al potassio, e tutti questi effetti hanno portato ad una conclusione, ovvero che l’acido valproico è in grado di agire mediante un’azione diretta attraverso i canali di membrana per il potassio.

Utilizzi in medicina

L’acido valproico, come abbiamo introdotto, è molto efficace per la cura dell’epilessia per il contenimento delle crisi d’assenza, ma è in grado anche di tenere sotto controllo le crisi tonico-cloniche, specialmente in quelle generalizzate che sono primariamente Generalizzate. Agendo anche sui canali del sodio e calcio è in grado di far diminuire in maniera sostanziale la liberazione del glutammato, ed inoltre anche la degradazione del GABA, mediante un’azione competitiva che avviene sulla GABA transaminasi, aumentano i livelli di tale neurotrasmettitore inibitorio, provocando in questa maniera un effetto sedativo maggiore con la diminuzione dell’eccitazione neuronale. Attualmente è disponibile un derivato coniugato con la lecitina o la fosfatidilcolina, nella posizione molecolare sn-2 del lipide. L’idrolisi di tale prodotto avviene mediante l’opera dell’enzima cellulare fosfolipasi A2 e in maniera selettiva, ovvero solo a livello delle aeree epilettogene, dove tale enzima aumenta la sua attività rispetto a quella svolta dai neuroni normali. Altri utilizzi dell’acido valproico sono: per la cura dell’emicrania e come terapia nel disturbo bipolare. Il farmaco viene quindi sfruttato anche in casi in cui non si riesce a curare l’emicrania con altri farmaci e il neurologo ritiene opportuno il suo utilizzo in quanto risolutore.

Acido valproico: progressi medicina

Da alcuni anni a questa parte, vi sono delle nuove frontiere che si sono aperte riguardo l’impiego dell’acido valproico per la cura di patologie genetiche. Tutto questo ha inizio nel 2001, quando un gruppo di ricercatori ha evidenziato che il VPA è in grado di inibire l’azione da parte di alcuni enzimi nucleari che prendono il nome di Istone Deacetilasi. Tali enzimi sono zinco-dipendenti, e rimuovono dagli istoni tutti i gruppi acetilici che si sono uniti ad un’altra classe di enzimi, ovvero le istone acetiltrasferasi. L’azione da parte delle HTTs è quella di attivare l’espressione genica, mentre quelle delle HDACs ha il compito di concluderla. Una volta bloccate le HDACs uno o più geni possono continuare ad esprimersi, o a mantenere l’espressione di geni che nella norma non appartengono ad una determinata risposta biochimica. In presenza di atrofia muscolare spinale ad esempio, ovvero patologia neurodegenerativa, di cui ne esistono forme differenti, avviene una mutazione da parte di un gene chiamato SMN1, impiegato nel metabolismo degli acidi ribonucleici neuronali. Di tale gene ne esiste però un omologo, ovvero SMN2 che non muta attraverso questa malattia e che nella norma non vien espresso. Il trattamento per patologie croniche a base di acido valproico a basso regime, condotto sia su animali ma anche in soggetti umani affetti da varie patologie, ha messo in evidenza che tale farmaco è in grado di riesumare l’espressione dell’omologo SMN2, ed inoltre, riesce a tamponare alcune manifestazioni delle patologia. Attualmente la SMA è la sola patologia genetica umana nella quale sono state evidenziate risposte sperimentali al VAP, mentre altre sperimentazioni sia eseguite in laboratorio che su soggetti umani, sono stati intraprese per una serie di patologie neurodegenerative con base genetica, come ad esempio il morbo di Alzheimer, la sclerosi laterale amiotrofica ed alcune forme di autismo come quello che prende il nome di Sindrome di Rett.

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