Punta del cono gelato ripiena di cioccolato, è la preferita di tutti: ma cosa nasconde davvero?

La punta del gelato è tra le cose più buone di sempre, ma cosa nasconde una tale bontà? Ecco cosa ci dice un esperto chimico

Diciamocelo, chi cederebbe la punta del proprio gelato? Quasi nessuno! Spesso mangiamo il cornetto Algida, solo perché non vediamo l’ora che arrivi la fine. Ed è proprio la punta ripiena di cioccolato a farci godere più dell’intero gelato. Non parliamo solo di bambini ma anche e soprattutto degli adulti, che non sanno resistere alla bontà della punta del cono gelato.

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Cosa nasconde la punta del cono gelato: il retroscena che non ti aspetti-inran.it

Se la cedi, vuol dire che è proprio amore, è più potente di un “Ti Amo“. Ma come potrebbe una cosa così buona e dolce, avere un retrogusto amaro? Ebbene sì, lo è. L‘analisi è stata fatta da un chimico, ma cosa ha scoperto esattamente? Non parliamo solo di alto concentrato di zucchero

Sei tra quelli che aspettano con impazienza la punta del cono gelato? C’è una verità che forse non conosci

Chi non ama la punta del cono gelato, quella parte croccante e piena di cioccolato che arriva proprio alla fine e sembra essere il premio finale? Un piccolo momento di gioia che mette d’accordo adulti e bambini. Eppure, dietro a quella bontà si nasconde qualcosa che potrebbe sorprenderti, e non in senso positivo.

punta del cono gelato
Punta del cono gelato: tutto quello che non sappiamo-inran.it

A spiegare il motivo è Bert Weckhuysen, un chimico dell’Università di Utrecht, che ha svelato un retroscena poco noto durante una conferenza sulla catalisi: quella golosa punta del cono non è affatto così innocente come sembra. Anzi, può contenere grassi trattati con un processo chiamato idrogenazione, che la rende simile ai peggiori alimenti da fast food.

Perché proprio la punta del cono fa male?

La risposta sta tutta nel tipo di cioccolato usato nei gelati confezionati. Per evitare che si sciolga troppo presto, il cioccolato viene modificato chimicamente per resistere meglio al calore. Come? Attraverso l’idrogenazione, un processo che serve a rendere i grassi più stabili, ma che ha anche un effetto collaterale: li trasforma in grassi saturi, quelli meno amici della nostra salute.

Weckhuysen lo spiega in modo semplice: i grassi saturi hanno una struttura molecolare rigida e compatta, proprio come il burro, e rimangono solidi a temperatura ambiente. Se assunti in quantità elevate, possono aumentare il colesterolo cattivo e favorire problemi alle arterie. Al contrario, i grassi insaturi – quelli dell’olio d’oliva o del pesce, per intenderci – sono più flessibili e restano liquidi a temperatura ambiente. Ma una volta idrogenati, diventano anche loro grassi saturi, perdendo i loro benefici naturali.

Non è un caso se l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di limitare l’assunzione di grassi saturi a non più del 10% dell’apporto calorico giornaliero. E invita a preferire fonti di grassi più salutari come quelli contenuti nei semi, nel pesce o nell’olio d’oliva. Insomma, la punta del cono non è solo dolce e croccante: può anche essere un piccolo concentrato di grassi “cattivi”. Ovviamente ciò non toglie che possiamo acquistarlo quando ne abbiamo voglia, ma non dobbiamo esagerare.

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