Perché le persone con Alzheimer non riconoscono più i volti dei loro cari? Scopriamo insieme cos’è l’agnosia..
Con l’avanzare dell’età, nelle persone possono sopraggiungere nuove malattie e problematiche di salute estremamente gravi. Tra le principali preoccupazioni non può mancare di certo l’Alzheimer, una delle malattie neurodegenerative più devastanti.

L’Alzheimer colpisce la memoria, il pensiero e il comportamento, trasformando radicalmente le persone: si tratta della formula più comune di demenza senile, con i dati che parlano del 60/70 % dei casi. Stando ai report, colpisce solitamente le persone con oltre 65 anni d’età, ma può comunque presentarsi anche in forma precoce. Al momento, non è ancora stata stabilita una causa chiara della malattia: per gli esperti, il problema potrebbe essere l’accumulo anomalo di placche di beta-amiloide e grovigli di proteina tau nel cervello che danneggiano le cellule nervose. Secondo alcuni interessanti studi, i rischi sarebbero minori per chi nella vita ha fatto un lavoro come il tassista.
I primi sintomi sono ormai conosciuti da tutti: il paziente fatica a ricordare eventi recenti, appare disorientato, ha continui cambiamenti di umore e ha problemi nel linguaggio. Con il tempo, la malattia può anche compromettere le funzioni motorie: chi ne soffre perde anche l’autonomia e deve essere continuamente seguito. Cure definitive non esistono: alcuni farmaci, per fortuna, possono rallentare la progressione dei sintomi. Fatta questa piccola premessa, cerchiamo di capire perché le persone con l’Alzheimer non riconoscono più i volti dei loro cari
Agnosia: perché le persone con Alzheimer non riconoscono più i volti dei loro cari
Chi ha parenti con l’Alzheimer o ha avuto familiarità con la malattia, sa benissimo che arriva quel doloroso momento in cui i pazienti non riconoscono più i volti dei cari.

L’agnosia, a quanto pare, è dovuta dal deterioramento di alcune reti protettive che circondano i neuroni in particolare aree del cervello. Secondo un nuovo studio condotto, ci sono strutture extracellulari-neurali che possono avere un ruolo cruciale nella perdita di memoria sociale. Stando ad uno studio condotto sui topi dall’Università della Virginia e dal Virginia Tech, l’incapacità di riconoscere i volti sarebbe dovuta dal deterioramento di alcune reti protettive che circondano i neuroni.
Gli inibitori di Mmp, a quanto pare, possono ridurre la degradazione e hanno mostrato effetti protettivi. Lo studio ha comunque dei limiti: per prima cosa, non è scontato che i meccanismi osservati nei topi si traducano direttamente negli umani. Anche se gli inibitori hanno funzionato con i topi, bisogna capire con studi clinici se la risposta del corpo umano possa essere la stessa.

Le reti perineuronali sono estremamente delicate: intervenire con azioni particolari su di esse potrebbe poi causare problematiche maggiori.





