Linfoma di Burkitt, una patologia che colpisce, in particolare, l’Africa equatoriale

Il linfoma di tipo endemico, viene associato al virus di Epstein, che venne scoperto proprio attraverso lo studio della sua distribuzione nel mondo. Nel 95% dei casi dei tumori africani, è stato possibili evidenziare il genoma EBV nelle sue cellule, mentre è presente per il 20% delle cellule tumorali nel nord dell’America. Tale patologia ha una incidenza relativamente bassa, e rappresenta il 4% di tutte le neoplasie.

Con il passare del tempo, la sua incidenza è in costante crescita ed attualmente è pari a 19 casi accertati su 10.000 abitanti nei paesi occidentali, e tende ad aumentare con la crescita dell’età. Nel nostro paese ogni anno si registrano 12.000 nuovi casi. Il linfoma di Burkiff attualmente costituisce solo il 2% dei linfomi che colpiscono le persone adulte.

Oggi non vi è ancora la certezza se tale virus ricopra un ruolo eziologico nella patogenesi, o se semplicemente predisponga le basi per il suo sviluppo. Quello che si sa invece, è che esiste un rischio maggiore di contrarre la patologia in presenza di immunodeficienza, sia congenita, che acquisita. Anche l’esposizione a sostanze tossiche come pesticidi, erbicidi o solventi, contribuiscono a favorire lo sviluppo delle patologie linfoproliferative.

Patologia

Linfoma di Burkitt: patogenesi

A scaturire il linfoma di Burkitt, è la traslocazione reciproca di una estremità del cromosoma 8 e del cromosoma 14. Nel cromosoma 8 risiede il protocongene cMyc, che viene a ritrovarsi in contesto cromatinico trscritto attivamente sul cromosoma 14, in un punto adiacente alle sequenza di enhancer, ovvero del gene che codifica le hevy chains delle IgH.

Una volta privati dei naturali elementi che servono al controllo, iniziano ad essere patologicamente espressi sia l’oncogene, dove la sua espressione risente del potenziamento avvenuto da parte dell’anhancer delle IgH, siua del gene delle immunoglobuline IgH.

La secrezione di tali anticorpi, è la sintomatologia della malattia. Tale malattia è molto aggressiva e cresce rapidamente, ma anche la più sensibile alle terapie.

Nel quadro clinico si manifesta tendenzialmente una tumefazione all’altezza del collo di dimensioni notevoli, che tende a formarsi a livello mascellare, con possibile spostamento verso l’alto fino ad interessare l’orbita. La seconda manifestazione invece è la massa addominale di “bulky”, tipica nei bambini, e gli organi maggiormente interessati sono: i reni, le ovaie, i linfonodi addominali, ed in misura minore troviamo anche: la milza, il fegato, la sudorazione improvvisa e notturna e il versamento addominale.

Esami

Linfoma di Burkitt: esami

L’esame radiografico mostra un’area radiotrasparente di osteolisi, dove i margini sono frastagliati e vi è un riassorbimento radicolare delle radici dei denti contigui alla lesione osteoclastica, mentre all’esame istologico, tale patologia ha un aspetto che definiamo “cielo stellato”, caratterizzato principalmente da cellule macrofagiche, che col passare del tempo hanno fagocitato dei detriti cellulari.

Le cellule che costituiscono il linfoma di Burkitt esprimono la forza con i marcatori di differenziamento delle cellule B, CD10 e BCL6. Tutte le cellule tumorali sono generalmente negative per BCL2 e TdT. Il 100% delle cellule positive per la colorazione Ki-67, confermano l’attività mitotica elevata della patologia.

Impostazioni privacy