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Scala di Scoville: misurare la piccantezza dei peperoncini

La Scala di Scoville misura la piccantezza dei peperoncini, ovvero la misura del quantitativo di capsaicina che contengono e che determina quella piacevole e scottante sensazione di calore in bocca.

Aggiornato: 21 Luglio, 2019 - Pubblicato: 20 Febbraio, 2017

Argomenti trattati mostra
1 Da zero a fuoco vivo
2 La capsaicina: la responsabile della piccantezza
3 Alcuni esempi per capire meglio
4 Relatività dei risultati
5 Il prodotto italiano

L’ideatore della Scala di Scoville è Wilbur Lincoln Scoville (1865-1942) è un chimico di origini statunitensi che è conosciuto per aver ideato un metodo scientifico e calcolabile per misurare la piccantezza dei peperoncini. Questo avviene sulla base di un test organolettico denominato S.O.T., cioè Scoville Organoleptic Test, che nasce nel 1912 mentre l’uomo lavorava per una società farmaceutica. La valutazione determina il quantitativo di capsaicina e la sua attività, responsabile della sensazione di piccantezza e quindi di calore sui recettori della lingua.

I primi test fatti dal chimico sono stati fatti diluendo il materiale estratto da un peperoncino con dell’acqua e zucchero, più il prodotto risultava poi diluito, tanto più era la sua gradazione Scoville. Il test così fatto prevedeva di persistere nella diluzione graduale della sostanza, fino a che non si annullava il piccante e si trovava il punto zero. Tutto questo grazie ad assaggi di un gruppo di assaggiatori, di solito un gruppetto di 5 assaggiatori. Lo sviluppo tecnologico successivo ha poi permesso di realizzare macchinari sofisticati come il metodo cosiddetto HPLC (High Performance Liquid Chromatography), o metodo Gillett, che permettono di ottenere una scala non più basata semplicemente sulla sensibilità della lingua umana, ma che permette una misurazione precisa e meticolosa. Il limite della valutazione soggettiva umana in questo modo è andata scemando e si può misurare direttamente la quantità di capsacinoidi presente nel prodotto.

Da zero a fuoco vivo

La Scala di Scoville: da zero a fuoco vivo

I valori della scala di Scoville vanno da 0, che è il valore che corrisponde ad un classico peperone a 16 milioni, un valore standard arbitrariamente stabilito per la capsaicina pura. Il valore è stato stabilito dallo stesso chimico statunitense che ha inventato la scala, nessuno ha mai provato realmente la capsaicina pura, anche perché è una sostanza tossica e che se viene assunta in gran quantità potrebbe avere anche effetti letali.

La Scala determina la quantità di capsaicina presente in un alimento.

Sulla base di questa unità di misura, è stato stabilito che il peperoncino più piccante al mondo è il Carolina Reaper, con una piccantezza di 1.569.300 unità Scoville, come valore medio, con picchi che arrivano a 2.200.000. A seguire il Trinidad Moruga Scorpion con 1.463.700 Shu, cioè Scoville Heat Unit: talmente potente che pare si percepisca anche se maneggiato con guanti in lattice, quindi la sua polvere è penetrante, capace di provocare spiacevoli irritazioni.

Seguoni gli esemplari di Naga Viper (1.382.000 Shu), Infinity Chilli (1.067.000 Shu) e il Naga Jolokia (1.041.000 Shu). I peperoncini italiani non si collocano sopra i 15.000 Shu, unità Shu del peperoncino calabrese, anzi di solito non superano i 5.000.

La scala di Scoville è stata usata anche per misurare l’effetto della capsaicina anche quando presente in altri prodotti: lo spray urticante al peperoncino usato dalla polizia americana per esempio raggiunge i 5 milioni di Shu. Molti prodotti a base di peperoncino in Sud e in Nord America riportano sulla confezione il valore Shu che contengono.

La capsaicina: la responsabile della piccantezza

Alcuni frutti del genere chiamati Capsicum, quindi per esempio i peperoncini piccanti, contengono delle sostanze chiamate capsaicinoidi. Una fra tante, la più abbondante, sebbene in concentrazione variabile, è la capsaicina, anche detta capseicina. Essa, insieme alla diidrocapsaicina, è un composto chimico alcaloide capace di andare a stimolare i recettori responsabili del caldo, i VR1, cioè i vanilloidi 1, che si trovano ubicati sulla lingua e che determinano una sensazione di bruciore nel soggetto.

La capsaicina è un derivato frutto del metabolismo di un acido grasso monoinsaturo, mentre la diidrocapsaicina è la versione satura. Questi sono in sostanza metaboliti secondari delle piante e vengono prodotti dalle ghiandole che si trovano tra la parete del frutto e la placenta, ovvero quella parte di tessuto che sorregge i semi. Soprattutto la placenta è ricca di capsaicina, mentre i semi, al contrario di quello che comunemente si crede, sono ricoperti superficialmente da capsaicinoidi, ma ne sono privi all’interno. La capsaicina, come anche gli altri capsaicinoidi, sono alcaloidi molto stabili, cioè restano inalterati anche per molto tempo, anche se soggetti a cottura o a congelamento.

Alcuni esempi per capire meglio

Alcuni esempi per capire meglio

Un peperone normale, dolce, che non contiene capsaicina ha un valore pari a zero sulla Scala di Scoville, l’estratto non è affatto piccante anche se non viene diluito.

Il peperoncino Habanero, detto Capsicum chinense, è uno dei peperoncini più piccanti e misura 300.000 Shu. Facendo conto che la capsaicina pura è 16.000.000, vuol dire che l’estratto di questo peperoncino ha un contenuto di capsaicina che si calcola in questo modo:

(300.000 / 16.000.000) x 100 = 1,875 % del peso dell’estratto di capsaicina

La Scala di Scoville viene aggiornata periodicamente anche per stabilire il Guinness dei Primati. Nel 2017 la classifica dei peperoncini più piccanti vede in testa, in ordine:

  • Spray al peperoncino della polizia (5,3 – 2,5 milioni Shu)
  • Carolina Reaper (2,2 – 2 milioni di Shu)
  • Trinidad Moruga Scorpion (2.000.231 – 1.067.286 Shu), con Naga Viper, Infinity CHilli e il comune spray al peperoncino

Seguono:  Naga Morich, Naga Dorset, Seven Pod, poco sotto Ghost Pepper, Naga Jolokia, poi l’appena citato Habanero (855.000 – 350.000 Shu). Il nostro peperoncino calabrese è fra i 30.000 e i 15.000 Shu, con il Manzano e il Chile de Arbol, sotto ancora il noto Jalapeno fra i 15.000 e i 5.000 Shu. La paprika, per capirci, è tra i 1.000 e i 100 Shu.

Relatività dei risultati

I prodotti presenti nella classifica sono prodotti di origine naturale e non industriale, quindi è chiaro che è approssimativa: non tutti i peperoncini hanno lo stesso valore sempre, ma si tratta di una stima approssimativa, ovvero, il massimo valore registrato e che è stato ufficialmente riconosciuto. I risultati sulla Scala di Scoville possono cambiare in base a differenti ragioni:

  • Vi sono variazioni all’interno della medesima specie, anche di molto, di un fattore 10 o di più. Dipende dalla semenza singola, dal clima e dal terreno sul quale cresce la pianta.
  • Le vere originali unità di Scoville erano il risultato di un test di tipo organolettico, cioè esso è dipendente dalla singola sensibilità dell’assaggiatore. Da un soggetto ad un altro si può variare anche di più o meno 50%.
  • Il test introdotto successivamente, il test HPLC, non misura le unità Scoville, ma l’unità di piccantezza ASTA, che poi viene convertita in unità Scoville. Tuttavia considerato che la piccantezza dei capsaicinoidi ha un errore del 20%, ne risente anche la conversione, di conseguenza anche il test HPLC ha un errore che corrisponde al 12%.

Il prodotto italiano

In base alla Scala di Scoville, ci rendiamo conto che il famigerato peperoncino calabrese, in realtà non è poi così piccante. Sarà forse proprio per questo motivo che piace e che è gustoso e si adatta bene al palato.

Il peperoncino calabrese non comprende in realtà un’unica varietà, ma si va dal calabrese tondo al ciliegino, al classico cornetto, fino al diavolicchio a mazzetti. Il peperoncino calabrese è intorno ai 30.000 Shu sulla Scala di Scoville, viene consumato crudo e anche secco ed è il peperoncino che viene usato per produrre prodotti tipici del Sud Italia, come la ‘nduja, la salsiccia calabrese, la spianata, la soppressata.

Dr.ssa Roberta Gammella

Dr.ssa Roberta Gammella

Revisione scientifica e correzione a cura della Dottoressa Roberta Gammella (medico di base). Le informazioni contenute in questo articolo non devono in alcun modo sostituire il rapporto dottore-paziente; si raccomanda al contrario di chiedere il parere del proprio medico prima di mettere in pratica qualsiasi consiglio od indicazione riportata.
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