Riconoscere l’Alzheimer con 11 anni di anticipo: l’incredibile scoperta fatta da un team internazionale cambia tutto: sarà possibile arginare lo sviluppo e la progressione della malattia
Ad oggi l’Alzheimer è la prima forma di demenza al mondo, una malattia neurodegenerativa per la quale non c’è ancora una cura. Con la comparsa di sintomi evidenti come la perdita di memoria, difficoltà nel coordinamento e nel linguaggio e con cambiamenti radicali nell’umore diventa, lentamente, debilitate.

Il grosso problema, ad oggi, è che, quando ci si accorge della malattia, con sintomi che sono molto evidenti, è già troppo tardi. Molti altri, spesso insospettabili, vengono sottovalutati. Recentissimi studi, però, propongono una scoperta che potrebbe cambiare davvero le cose indicando ben 11 anni prima la comparsa dell’Alzheimer.
Riconoscere l’Alzheimer in anticipo grazie alle analisi del sangue: la scoperta
Scoprire con 11 anni di anticipo l’insorgenza dell’Alzheimer grazie a delle semplici analisi del sangue. È questa la rivoluzionaria proposta che arriva da un team internazionale di ricercatori che sta studiando attentamente il morbo.
A guidare tutti gli esperti afferenti a vari istituti è un gruppo di scienziati tedeschi dell’Università Martin-Lutero di Halle-Wittenberg. Ad essere coinvolti sono stati il Dipartimento di Neurologia dell’Ospedale Universitario di Ulm; il Dipartimento di Neurologia della Facoltà di Medicina dell’Università di Washington; Centro di ricerca sulla demenza – Dipartimento di malattie neurodegenerative dello University College di Londra; l’Ospedale Anam dell’Università della Corea e molti altri ancora.

I ricercatori hanno scoperto che c’è una particolare proteina, la beta-sinucleina, che può rappresentare un marcatore della neurodegenerazione in quanto si presenta molto prima nel sangue dell’insorgenza dei sintomi veri e propri del declino cognitivo e fisico della persona.
La firma biologica dell’Alzheimer
I livelli ematici della proteina beta-sinucleina, innanzandosi in modo significativo, possono rivelarci ben 11 anni prima l’insorgenza dell’Alzheimer, in tempi ancora non sospetti in quanto la manifestazione sintomatica non è evidente.
È questa sostanzialmente la grande scoperta fatta dal team di ricerca internazionale. La proteina che viene rilasciata con livelli sempre più alti nel sangue quando i neuroni muoiono e le connessioni sinaptiche iniziano ad interrompersi rappresenta per gli studiosi la firma biologica dell’insorgenza della malattia.

I livelli di beta-sinucleina vengono così rilevati nel flusso sanguigno tramite delle semplici analisi garantendo una diagnosi precoce della malattia che consente di intervenire il prima possibile e rallentare la progressione della demenza.
Come si può intervenire
Grazie a questa importantissima scoperta sarà possibile arginare lo sviluppo e la progressione della malattia. È noto, infatti, grazie ad evidenze dimostrate da studi clinici, che l’anticorpo monoclonale Donanemab (conosciuto con il nome commerciale di Kisunla) è in grado di rallentare il declino cognitivo fino al 35% se somministrato nelle fasi iniziali della malattia e di ridurre la progressione della demenza fino al 39%.