Leucemia linfatica e Covid: nuovi studi mettono in guardia sulla situazione attuale

Un nuovo studio italiano ha fatto emergere una situazione importante che riguarda il Covid e la Leucemia linfatica: cos’hanno scoperto.

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Provetta con sangue per fare il test per la leucemia (foto da Canva) – Inran.it

Un team di ricercatori dell’Università di Padova ha guidato due studi di rilievo relativi alla leucemia linfatica cronica, una forma di cancro del sangue abbastanza rara, ma la più comune tra le leucemie nei popoli occidentali. Sin dall’inizio della pandemia da Covid, è subito apparso chiaro che i pazienti che soffrono di malattie del sangue sono più a rischio di sviluppare il Covid in forma grave.

Covid e Leucemia linfatica: i risultati dello studio del team di Parma

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Long Covid (foto da Canva) – Inran.it

La ricerca è stata pubblicata sull’American Journal of Hematology ed ha riscosso un grandissimo interesse a livello globale. Il gruppo di ricercatori, coordinato dal dottor Andrea Visentin (dipartimento dell’Università di Padova) ha effettuato lo studio su più di 1.500 pazienti di diversi Paesi del mondo.

Gli scienziati sono arrivati alla conclusione che, con l’evolversi delle ondate di infezioni da Covid-19, sono aumentate sia le persone che si sono riprese dal virus che quelle che hanno sviluppato la cosiddetta sindrome da Long-Covid. Quest’ultima condizione può colpire fino al 15% dei pazienti precedentemente affetti da leucemia linfatica cronica e guariti dal Covid-19.

Il professor Livio Trentin, docente presso la cattedra di ematologia dell’Università di Padova e direttore dell’UOC di Ematologia dell’Azienda Ospedale-Università di Padova, ha sottolineato come il trattamento della leucemia linfatica cronica sia molto cambiato negli ultimi 10 anni. Adesso, la maggior parte dei pazienti viene trattata con farmaci biologici mirati contro le cellule della leucemia. Il problema però sta nell’alto costo di questi farmaci.

Come si è svolto lo studio

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Scienziato che esamina del sangue (foto da Canva) – Inran.it

Il dottor Andrea Visentin ha spiegato che il loro team ha coordinato una ricerca che coinvolgeva 15 istituti in tutto il territorio italiano, concentrandosi sui pazienti affetti da leucemia linfatica cronica trattati con Venetoclax come terapia. Si tratta di un farmaco biologico somministrato sotto forma di compresse che provoca la morte delle cellule leucemiche. La ricerca ha dimostrato che questa terapia è altamente efficace ed ha un alto grado di tolleranza, offrendo importanti risvolti per la medicina.

È importante, inoltre, comprendere quanto la collaborazione tra diversi team sia stata fondamentale per raggiungere questi risultati straordinari. Oltre a diverse associazioni come l’Associazione Italiana contro le Leucemie, linfomi e mielomi (AIL-GIMEMA), hanno partecipato allo studio anche altre unità di ematologia, come la Rete Ematologica Veneta (REV) nel Veneto e l’European Research Initiative on CLL (ERIC), guidata dal professor Paolo Ghia dell’Ospedale San Raffaele di Milano. È statpo rilevante anche il contributo dell’associazione di volontariato Ricerca per Credere nella Vita (RCV), fondata da Franca Boschello e suo fratello Renzo, una paziente del reparto, che ha sostenuto la struttura per oltre due decenni.

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