Il perché ci definiamo umani. La risposta arriva da una parte “sporca” del DNA

Il perché ci definiamo umani potrebbe portare con sé una riposta che arriva direttamente da una parte del DNA. Il motivo è sempre più chiaro.

Umani DNA Scimpanzé
Una ragazza osserva un cervello umano (Getty Images)

La scienza fa passi in avanti. Anche se molti la contestano, senza sapere di cosa parlano (se solo fossimo più informati potremmo intavolare un discorso serio, anche fondato sul vero e sublime dubbio socratico), lei non arresta il suo cammino. Un percorso che, spesso, ci porta a fare anche dei passi indietro, per rivedere dei concetti già studiati, ai quali bisogna dare un’inquadratura, e una quadra, diversa, se non rivoluzionaria.

Alcuni aspetti, della scienza stessa, sono davvero interessanti. Oggi parliamo di noi, esseri, umani. Esseri su questa terra. Esseri pensanti e pregni di linguaggio, che nel tempo si è articolato e sviluppato nelle diverse sfaccettature delle quali non ne siamo sempre a conoscenza. Basta informarsi, sul serio, e in modo progressivo. Con pazienza e dedizione. Questo ci rende degli esseri umani, attivi, partecipativi, progressisti. E a proposito di umani. Perché ci definiamo tali?

La scoperta potrebbe essere tanto più vicina di quanto non lo è mai stata in passato. E indovinate un po’? Si troverebbe all’interno del DNA. Anzi, in una parte di esso che fino a oggi non è stata presa in considerazione come doveva essere fatto. Ma è questo il grande compito della scienza. Progredire. Rispolverando il passato, correggendolo ed esaminando il “nuovo che avanza”.

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Parliamo e pensiamo da umani grazie a uno “scarto”: esso si trova nel DNA

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Uno scimpanzé con della verdura in mano (Getty Images)

Partiamo da un punto ben preciso. Il DNA umano è molto simile a quello degli scimpanzé. Lo dice la scienza. Lo riporta la scoperta scientifica. Lo sostiene chi crede nel progresso scientifico. Tanto per essere precisi, chiari e netti con chi legge ora questo scritto. Dal punto di vista parentale, lo scimpanzé è il nostro antenato per eccellenza. Sei milioni di anni fa ci staccammo da lui, per intraprendere il “percorso” del linguaggio e del pensiero umano.

Ci sono voluti sei milioni di anni. Tanti, giusti, progressivi. E ora, cosa succede? Accade che uno studio condotto all’Università di Lund, in Svezia, ha prima provato a capire cosa ci differenza dagli scimpanzé e, poi, dato una risposta in merito a questo studio. Qualcosa di veramente sorprendente, senza troppe esaltazioni da stadio, ma accolte con grande entusiasmo.

Alla base del nostro “distacco”, dall’animale appartenente alla famiglia degli ominidi, vi sarebbe una variante strutturale del DNA. Finora chiamata Junk-DNA. Sapete cosa significa la parola Junk in inglese? Rifiuto. Una variante spazzatura. Chiamata così perché, finora, si ipotizzava non servisse a nulla, se non di possedere il compito di produrre delle semplici proteine. Ma la scienza, nel suo essere materia scientifica, sa stupirci. E lo ha fatto ancora una volta.

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Sarebbero proprio queste proteine a evidenziare una netta distinzione tra noi, esseri umani, e gli scimpanzé. Un’evoluzione continua del cervello umano, che arriva a pensare, a emettere dei suoni, a parlare, a formare delle comunità e così via. Un modo per dire che l’evoluzione è molto più complessa e articolata di quanto si pensava e si continua a pensare. E che le scoperte, sono alla base del progresso scientifico. Queste proteine, che un tempo venivano definite “di scarto”, potrebbero rivelarsi significative nel capire sempre più a fondo cosa ci ha portato a essere quello che siamo oggi. E, forse, anche in futuro.

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