Inquinamento da plastica, addio: arriva l’enzima che se la mangia

Dei ricercatori universitari hanno inventato un metodo pazzesco che potrebbe potenzialmente eliminare l’inquinamento da plastica. Come funziona tutto quanto.

Una spiaggia infestata dai rifiuti
Una spiaggia infestata dai rifiuti (Pixabay)

L’inquinamento da plastica è una delle piaghe che riguarda il mondo moderno. Con l’implementazione e l’aumento di frequenza dei processi industriali, sono aumentati in maniera direttamente proporzionale anche i grossi inconvenienti che riguardano l’ambiente. Dall’emissione di Co2 con susseguente riscaldamento globale, alla presenza invasiva e dannosa di scarti e residui di plastica di tutti i tipi, di ogni forma e dimensione.

Purtroppo l’inquinamento da plastica raggiunge ogni luogo. Non di rado capita di sentire di balene morte per avere ingerito chili e chili di robaccia finita in mare. O di vedere gabbiani intrappolati da anelli delle confezioni di birra. Ed ancora, di andare al mare e di vedere tanto sulla sabbia quanto in acqua rifiuti che non dovrebbero essere lì.

Ma contro l’inquinamento da plastica arriva un grande ritrovato adesso, che è stato messo a punto da alcuni ricercatori dell’Università del Texas, negli Stati Uniti. Questa innovazione vede la presenza di un enzima ben specifico, modificato appositamente per far si che la plastica venga letteralmente mangiata nel giro di qualche giorno.

Inquinamento da plastica, l’enzima scompone questo materiale

Bottiglie ed altri oggetti in plastica
Bottiglie ed altri oggetti in plastica (Pixabay)

Il procedimento necessita ancora di ricevere diversi perfezionamenti. Ma già a livello preliminare pare abbia dato dei risultati sorprendenti. L’idea di una componente congegnata appositamente per corrodere la plastica rappresenta una cosa decisamente stupefacente, se si pensa che la plastica non è in alcun modo biodegradabile.

Questo vuol dire che un oggetto composto da tale materiale rimarrà lì per anni, anni ed anni. Però, con questo enzima chiamato “fast PETase” bastano meno di 50 ore per togliere di mezzo qualsiasi avanzo o rimasuglio composto in questo materiale o nelle sue varianti.

L’enzima lavora a tutte le temperature e scompone soprattutto quello che è il polietilene tereftalato (PET) del quale sono composte specialmente le bottiglie di acqua minerale e di altre bevande, e tante altre confezioni di alimenti o di oggetti che siamo soliti acquistare più volte nel corso di un anno.

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Come funziona l’enzima messo a punto dagli universitari USA

Il principio di base sul quale l’enzima in questione poggia è quello del machine learning. Ovvero dell’adattamento alla superficie del caso, in relazione alla quale attuare un preciso processo di corrosione. Perché esistono diversi tipi di plastica, per consistenza e per conformazione. L’importante però è che venga tolta di mezzo in ogni caso.

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Questo è certamente un passo in avanti enorme nel tentativo di garantire delle politiche di basso impatto ambientale, si spera nel minor quantitativo di anni possibile. In base agli esperimenti prodotti, i ricercatori hanno osservato decomposizioni rapidissime di poliestere, bottiglie e fibre plastiche varie.

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L’adattamento di questo importante strumento anche a livello industriale potenzierebbe all’infinito le pratiche di riciclo che tanto necessiterebbero di essere migliorate oggi. Gli stessi ricercatori texani hanno anche presentato una istanza per registrare un brevetto allo scopo di tutelare la loro scoperta. E questo è spesso il primo passo verso la messa a punto di una nuova invenzione.

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