Alzheimer: i primi sintomi potrebbero comparire quasi 10 anni prima della diagnosi ufficiale

Alzheimer: i primi sintomi potrebbero comparire quasi 10 anni prima della diagnosi ufficiale. I risultati di uno studio gettano nuova luce sulla questione

Cervello sintomi
Cervello, sintomi (Pixabay)

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Quando si parla di qualità della vita, se ne parla in special modo con uno sguardo ( più o meno ansioso, in realtà) sul futuro. In media statistica, gli italiani si preoccupano abbastanza di quella che sarà la qualità della loro età terza, la vecchiaia. Questa mostra di esser lo specchio della qualità della vita condotta fino a quel punto.

Una delle principali cause di demenza in età senile è legata all’assai diffuso morbo di alzheimer , dal nome dello studioso che per primo lo scoprì. Oggi si stima che il numero dei malati sia incredibilmente alto: circa 5oomila. Il morbo compromette in modo significativo la qualità della vita, rendendo la persona non bastevole a sé stessa. L’azheimer infatti inficia la qualità cognitiva della memoria, chiave indispensabile della nostra vita.

Alzheimer, i primi sintomi si vedono un decennio prima della comparsa della malattia

Proprio a causa della sua enorme pervasività, oggi  in merito sono condotti un gran numero di studi. In particolare uno di questi getta una nuova luce sull’insorgenza dei primi sintomi in particolare.  E’ stato condotto all’università di cambridge e finanziato dal medical reserarch council. I risultati aprirebbero le porte ad una gran parte di innovative sperimentazioni: nella maggior parte dei casi, si è notato che le persone ammalate in vecchiaia di demenza ne avrebbero mostrato i primi sintomi già a partire da nove anni prima.

Un decennio dunque di tempo per poter intervenire ed individuare i soggetti che sarebbero, a conti fatti, molto più a rischio. Il lavoro si è dimostrato particolarmente difficile perché, soprattutto nella prima fase, i sintomi sono molto sottili e riguardano menomazioni davvero minime. Lo studio si è basato su una ricerca di dati, con particolare riferimento ai dati della banca britannica.

I ricercatori hanno appuntato la loro attenzione su un gran numero di dati, tra cui, ad esempio, i tempi di reazione, le cadute subite negli anni delle prime avvisaglie e i cambiamenti fisici che il soggetto, in quello stesso periodo, subiva.

E’ evidente che uno studio del genere può diventare davvero illuminate a proposito delle eventuali aree di intervento che potrebbero esserci.

 

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